Pescara, l’ex Eriberto rischia di finire all’asta

Ma dopo nove anni di battaglie legali per la concessione, la titolare è ancora fiduciosa: «Aspetto il Consiglio di Stato»

PESCARA. È l’altro pezzo del passato messo in gabbia. Come Guerino, è un altro pezzo, simbolo delle più belle estati pescaresi, imbruttito e umiliato dietro pannelli che nascondono, ma che per fortuna non ne cancellano, la storia. È l’ex ristorante di Eriberto, a maggio del 2008 acquistato per 850 mila euro dalla società Ristorazione di Anna Di Giambattista.

«Volevo farne un centro benessere sul mare, ero partita per farci un progetto bellissimo», racconta l’imprenditrice che invece, oltre a non aver potuto fare nulla di quanto progettato, rischia di perdere tutto. Tutto all’asta perchè il Tar ha dato ragione al Comune sulla decadenza della concessione. Causa: morosità.

Una morosità accumulata per una serie di intrecci burocratici che partono dal vecchio proprietario e che Di Giambattista non ha quasi più voglia di ricordare. In sostanza quando acquistò a maggio del 2008 il ristorante, attiguo alla spiaggia e i campi da tennis presi in concessione dal marito, la concessione demaniale della struttura era in scadenza. C’erano degli abusi edilizi minimi, sanabili, di cui la nuova proprietaria non era a conoscenza ma che costituirono l’ostacolo al trasferimento della titolarità della concessione dal vecchio al nuovo proprietario. Cioè lei. E quando il Comune iniziò a chiedere le quote demaniali al vecchio proprietario, di fatto titolare della concessione, questi non pagò, non essendo più l’effettivo titolare. Di qui la decadenza della concessione e un tira e molla infinito, tra avvocati e carte bollate fino alla sentenza del Tar dei mesi scorsi che le ha dato torto. «Ma io sono ancora fiduciosa», rilancia l’imprenditrice, «a gennaio ci siamo rivolti al Consiglio di Stato e con la documentazione che abbiamo presentato nel ricorso ci spero davvero. E poi capita assai di frequente che le sentenze del Tar di Pescara vengano ribaltate. E comunque andrà, se anche dovessi restituire la struttura sarà un piacere, perché è solo una patata bollente visto che ad oggi lo stesso Comune non è ancora in grado di fare l’esatto calcolo del canone. E in ogni caso», aggiunge, «se dovessi perdere, il mio unico interesse è che la struttura riparta, perché io amo questa città, la mia città, e se l’attribuissero ad altri sarei la persona più felice del mondo pur di rivederla ripartire».

Certo rimane l’amarezza di quello che aveva l’ambizione di fare e che non è riuscita a fare: «Volevo farne un centro benessere all’avanguardia, ma purtroppo questa città è stata demolita. Parlo da cittadina, è una città senza prospettive perché è l’amministrazione che non è propositiva». Eppure, nonostante l’amarezza, e la stanchezza, anche, di una vicenda durata quasi nove anni, Anna Di Giambattista ci crede ancora al suo sogno. «Sì, sono fiduciosa», ripete, «se il Consiglio di Stato dovesse darmi ragione il mio centro benessere vorrei farlo davvero. Con tutti i contatti che ho, lavorando nel mondo dello spettacolo, potrei contribuire davvero a dare visibilità alla mia città».

Nell’attesa, i pannelli restano ancora là, per un’altra estate, a coprire un passato che chiede di ritornare.

(s.d.l.)

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