Pescara, parenti e volti noti ai concorsi: il caso che ha scosso la politica

Dalle graduatorie pubblicate dal Centro alle proteste con gli striscioni in consiglio comunale. L’opposizione insinua il dubbio dei favoritismi, l’amministrazione respinge tutte le accuse
PESCARA. Dalle graduatorie dei concorsi pubblici alle urla in aula, fino agli striscioni e all’intervento della polizia municipale: il caso esploso a Pescara sui concorsi del Comune continua a far discutere. Dopo lo scontro in Consiglio – innescato dai consiglieri comunali Domenico Pettinari e Massimiliano Di Pillo – l’amministrazione replica e difende la regolarità delle procedure, respingendo ogni accusa di favoritismi.
escono le graduatorie
La vicenda prende corpo nei giorni successivi alla pubblicazione delle graduatorie di alcuni concorsi inseriti nel piano assunzionale, varato dopo l’uscita dell’ente dal predissesto finanziario. Posti a tempo indeterminato – molto ambiti – che hanno attirato centinaia di candidati. A far sollevare più di un sopracciglio, però, sono stati i nomi presenti tra gli idonei, alcuni dei quali sono stati pubblicati sul Centro lo scorso 22 dicembre: ex amministratori, collaboratori politici, dipendenti comunali e parenti di figure istituzionali ancora in carica.
scoppia il caso
Il tema arriva in Consiglio comunale e, rapidamente, si espande. Dai banchi dell’opposizione, i consiglieri civici Pettinari e Di Pillo sollevano il caso, parlando di «opportunità politica» e di «un codice etico» che, a loro dire, dovrebbe impedire ai parenti degli amministratori di partecipare ai concorsi dell’ente. Ma le polemiche non si fermano qui: in aula viene esposto anche uno striscione di protesta con la scritta “Non abbiamo parenti che partecipano ai concorsi del Comune” per rivendicare l’assegnazione di familiari fra i vincitori dei concorsi pubblici. Al centro delle sollecitazioni finisce anche il presidente del Consiglio comunale, Gianni Santilli, dal momento che tra gli idonei compare anche il nome del figlio, Quirino. Santilli – che viene invitato più volte a chiarire pubblicamente se vi siano state pressioni o interferenze sulle commissioni giudicanti – respinge con decisione tutte le accuse, rivendicando la legittimità della partecipazione del figlio e negando qualsiasi ingerenza. In pochi minuti, la seduta si surriscalda con accuse reciproche, richiami all’ordine e, alla fine, l’intervento della polizia municipale per rimuovere la scritta.
le repliche
Dopo giorni di polemiche, arriva la replica formale dell’amministrazione. A intervenire è il dirigente comunale al Personale, Paolo Santucci, che difende in modo netto l’intero impianto dei concorsi. «Alle dodici procedure concorsuali bandite dall’Ente hanno partecipato migliaia di candidati e non è pervenuto alcun ricorso né alcuna segnalazione da parte dei partecipanti», chiarisce. Secondo Santucci, tutte le selezioni si sono svolte «nel rigoroso rispetto delle norme e dei principi di imparzialità e trasparenza», anche grazie alla scelta dell’amministrazione di affidare l’organizzazione dei concorsi a una società esterna, così da rafforzare ulteriormente i livelli di controllo.
Un altro punto sottolineato dal dirigente riguarda l’anonimato delle prove. «Durante lo svolgimento degli esami i nomi dei candidati non sono mai resi noti e ogni partecipante è identificato esclusivamente tramite codici, a tutela dell’imparzialità della selezione». Sulla stessa linea l’assessore al Personale e alle Finanze, Eugenio Seccia, che parla apertamente di «insinuazioni sganciate dai fatti» e di «un attacco politico mirato».
«Stiamo assistendo, dentro e fuori dall’aula consiliare, a una manovra finalizzata a denigrare l’attività delle commissioni concorsuali», dichiara Seccia, sottolineando come certe accuse finiscano per danneggiare non solo l’amministrazione, ma anche «persone vere, con famiglie, percorsi di studio e sacrifici». A prendere la parola è anche il presidente Santilli, che interviene per difendere la propria posizione personale e istituzionale, ribadendo che il figlio ha partecipato ai concorsi «come qualsiasi altro cittadino», senza godere di alcun privilegio.
«Essere figlio di un amministratore pubblico non può diventare una colpa», dichiara, respingendo quella che definisce «una campagna di sospetti e illazioni». Santilli, inoltre, sottolinea che suo figlio ha deciso di mettersi alla prova anche in altri concorsi pubblici, a conferma di un percorso professionale autonomo.
Nel dibattito trova spazio anche una voce del centrosinistra. Il consigliere Donato Di Matteo interviene in aula invitando a distinguere tra piano etico e piano procedurale. Da un lato, riconosce che nessuna norma può impedire a un parente di un politico di partecipare a un concorso; dall’altro, chiede chiarezza pubblica sulle procedure, affinché venga esclusa ogni ombra di favoritismo. «Se non ci sono state pressioni, è giusto dirlo apertamente», afferma.
il punto della situazione
Per ora, nessuna violazione formale è stata accertata e nessun ricorso è stato presentato. Ma il caso dei concorsi pubblici ha aperto una frattura politica che va oltre le singole graduatorie, toccando il tema più ampio del rapporto tra istituzioni, trasparenza e fiducia dei cittadini. Una partita che, almeno sul piano politico, appare tutt’altro che chiusa.
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