Pescara, scoperta la spia all'Agenzia delle Entrate: funzionario sospeso dal lavoro

E' accusato di aver fornito dati segreti a società di investigazioni e di recupero crediti e di farsi pagare secondo un preciso tariffario. Il sistema scoperto dalla Guardia di finanza anche in altre città con 12 ordinanze emesse dalla Procura di Roma per corruzione

PESCARA. Faceva da spia per conto di società di investigazioni, di recupero crediti e di indagati per usura ai quali forniva le visure richieste accedendo alla banca dati dell'ufficio. Tutti elementi segreti _ generalità complete, codici fiscali, indirizzi di residenza, posizioni lavorative, redditi e altri dati patrimoniali, visure camerali, contributi versati _ tutelati da chiavi e codici d'accesso che lui si rivendeva secondo un preciso tariffario. E' il ruolo che avrebbe ricoperto un funzionario dell'Agenzia delle Entrate di Pescara nell'ambito del sistema di violazione scoperto dalla Guardia di finanza di Roma.

Le indagini (Operazione Moby Dick") hanno portato a 12 ordinanze emesse dal giudice delle indagini preliminari di Roma nei confronti di altrettanti impiegati pubblici residenti in Roma, Milano, Padova, Venezia, Ancona, Cremona e appunto Pescara, gravemente indiziate, a vario titolo, di corruzione e accesso abusivo ai sistemi informatici. In sei sono finiti agli arresti domiciliari, due le interdizioni dall’esercizio dell’attività imprenditoriale e in quattro _ fra i quali il funzionario di Pescara _ sono stati sospesi dal pubblico ufficio. Sono inoltre stati sequestrati denaro e beni per circa 280mila euro, corrispondente al prezzo e profitto della corruzione.

In sintesi, le indagini - sviluppate dai finanzieri del Nucleo speciale polizia valutaria attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, analisi dei flussi finanziari ed approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette - hanno scoperto che gli impiegati "infedeli" hanno effettuato plurimi accessi abusivi alle banche dati protette da misure di sicurezza, nell’arco di quasi quattro anni. Le società di investigazioni e recupero crediti - attivate da propri clienti alla ricerca di informazioni sul coniuge, un partner commerciale, un dipendente o un debitore - si rivolgevano normalmente ad ulteriori soggetti intermediari che curavano stabilmente i rapporti con i dipendenti infedeli, pronti a fornire i dati richiesti in base ad un vero e proprio tariffario, con corrispettivi variabili tra 0,10 centesimi e 10 euro per “visura”, in ragione della tipologia di banca dati interrogata e del numero di persone consultate. Si presume che l’estrapolazione abusiva abbia riguardato dati di vario genere di oltre 170.000 persone fisiche.

Le informazioni sono state richieste anche da persone che erano state arrestate per usura nel maggio del 2018 nell’ambito di un’altra indagine della Procura capitolina, con lo scopo di recuperare i “crediti” che derivavano dalla loro attività Il pagamento dei pubblici ufficiali corrotti avveniva, periodicamente, in diversi modi fra i quali le ricariche di carte poste-pay intestate anche a soggetti compiacenti, vaglia postali o in contanti.

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