Pizzeria Trieste, settimo furto in un anno. Ciferni: è una deriva

Ennesima spaccata, questa volta in corso Manthonè alle 7 del mattino. Il titolare: da lì ci sposteremo, ma Pescara deve recuperare la sua bellezza

PESCARA. La saracinesca divelta, la vetrata antisfondamento presa a calci e la porta scardinata: succede in corso Manthoné quando è già giorno, alle 6,45, e i ladri si sentono liberi di fare quello che vogliono senza che nessuno veda o senta, senza che nessuno segnali.

Per la pizzeria Trieste il furto subìto ieri mattina è il quarto in un anno, il settimo collezionato dai titolari Riccardo e Laila Ciferni sommando anche quello al Lido, e i due a Trieste mare ( lungomare Matteotti) di cui l’ultimo meno di venti giorni fa. La tecnica è sempre la stessa, ma soprattutto, quello che fa specie ai due imprenditori, è la libertà con cui la banda, perché di questo si tratta, si senta libera di agire. «Sembra che Pescara abbia una vita parallela, border line», afferma Riccardo Ciferni, «che si fa fatica a comprendere. Ma diventa difficile lavorare così. Dopo il quarto colpo in un anno nello stesso locale, con la devastazione all’interno e i danni che superano sicuramente il bottino di pochi spiccioli dei ladri, stiamo pensando a un riposizionamento dell’attività, in un altro punto della città».

[[(Video) Pescara, furto nella pizzeria Trieste in corso Manthoné]]

Caschi integrali e guanti, i due ladri si sono portati via il registratore di cassa consapevoli che a riprenderli c’erano le telecamere del sistema di videosorveglianza che anche questa volta, però, lasciano poche chance agli investigatori. «Penso che si tratti dello stesso gruppo», denuncia Riccardo Ciferni, «siamo riusciti a tenerli lontano per un po’ di mesi dopo aver messo la saracinesca in seguito agli altri tre furti, ma evidentemente si sono organizzati e la saracinesca questa volta l’hanno divelta direttamente».

Un episodio, l’ennesimo di microcriminalità, che secondo l’imprenditore pescarese testimonial con la sua Tonda delle tipicità abruzzesi in Italia e nel mondo con le pizzerie aperte a Miami, Oslo, Madrid, Roma e a giorni Milano, racconta bene «il decadimento della città».

«Pescara oggi è come una bella donna impoverita. Non si può pensare che la città diventi bella solo quando c’è il sole, deve recuperare la sua bellezza, il suo Corso, ma servono idee e concertazione a tutti i livelli. Non me la prendo con le forze dell’ordine, perché sono poche, e questo si registra in tutta Italia. Solo che a Pescara questa ondata di delinquenza probabilmente ancora non era arrivata in modo così massiccio come in questi ultimi tempi. Non sta a me dirlo, ma se Pescara è invasa da persone che mendicano in maniera vergognosa di continuo, se è diventata così brutta anche per questo, è tempo di mettersi tutti insieme e capire, in maniera visionaria e a tutti livelli, dai politici agli imprenditori, come tornare a far sorridere questa città».

«È un discorso di mala gestio», si sfoga Ciferni, «sotto l’aspetto commerciale e politico che va avanti da anni. Solo a Pescara non si è stati in grado di fare un piano del commercio tenendo presente la questione della liberalizzazione. In altri posti è stato fatto, ma bisogna lavorarci. Va tutelata la professionalità di chi investe. Tanto per dirne una: ci si lamenta perché c’è chi fa pipì per strada, ma ci stanno i bagni in tutti questi locali che aprono a ripetizione e ti offrono un pranzo completo a 8 euro? Perché poi la bellezza, la professionalità, passa prima di tutto per la qualità. E la qualità costa. Torniamo sulla terra», conclude, «ci siamo seduti da troppi anni dicendoci sempre che Pescara è una Ferrari, che nu’ sem nu’, ma mi dispiace dirlo», conclude amareggiato, «nu’ non siamo più noi». (s.d.l.)

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