Porto Pescara, chiesti 15 milioni di danni

Le imprese presentano alla Capitaneria la lista dei mancati guadagni

PESCARA. Quindici milioni di euro andati in fumo nel giro di soli quattro mesi, da gennaio ad aprile. È il drammatico bilancio del mancato dragaggio presentato dagli imprenditori che ruotano intorno allo scalo in Capitaneria di porto e già spedito a Roma.

In quei quindici milioni di danni o mancati guadagni c'è tutto, dalle petroliere dell'Api che non arrivano più alle perdite subìte dalla marineria passando per i mancati guadagni delle agenzie marittime, dei rimorchiatori e dell'antincendio. La lista è stata stilata dalla Capitaneria di porto che ha raccolto i conti presentati dagli imprenditori e ha inviato la documentazione a tutte le autorità, dal ministero delle Infrastrutture e dei trasporti alla Regione. Più che per chiedere eventualmente i danni, una possibilità reale soltanto per la marineria che spera in un fermo pesca straordinario, il bilancio è stato fatto per dare una dimensione reale di che cosa sta significando in termini economici il mancato dragaggio.

Il conto più salato l'ha presentato proprio l'Api, che da marzo ha dovuto sospendere del tutto il servizio di trasporto del carburante via nave dalla raffineria di Falconara, nelle Marche, al porto di Pescara, dove il gasolio veniva scaricato e grazie a un oleodotto costruito pochi anni fa arrivava direttamente nei depositi di Di Properzio, in via Raiale. Solo nei primi 4 mesi dell'anno, la società petrolifera ha denunciato perdite per dieci milioni di euro.

Perché da marzo il traffico è del tutto sospeso, ma già da giugno del 2011 l'Api per far arrivare il carburante a Pescara ha dovuto mettere in piedi un marchingegno complicato. Prima le due petroliere arrivavano in porto e scaricavano. Con l'insabbiamento, però, raggiungere il molo è diventato impossibile. L'Api quindi ha dovuto far restare la nave a largo e affittare una terza nave più piccola, la Levante, che facesse la spola fino al molo. Da marzo il porto è diventato impraticabile anche per la Levante.

Alle perdite dell'Api vanno aggiunte poi quelle subìte di riflesso dalle aziende del gruppo Di Properzio, che adesso è costretto ad approvvigionarsi via terra e da marzo lavora al 30%. A seguire ci sono tutti gli altri, dalla ditta che aveva vinto il servizio di rimorchio, che in quattro mesi ha perso 700 mila euro, fino alla cooperativa che gestiva l'antincendio, le agenzie marittime e la Compagnia portuale, che ha rinunciato alla concessione.

«Tramite la prefettura», dice Sabatino Di Properzio, «abbiamo fatto richiesta al prefetto e quindi al governo per ottenere lo stato di emergenza e un conseguente fondo di solidarietà. Quello che sta succedendo al porto di Pescara è assimilabile a uno stato di crisi industriale».

Al conto delle imprese va aggiunto quello della marineria che va a scartamento ridotto ormai da tempo: un dramma che coinvolge 60 pescherecci su 120 e ben 400 lavoratori.

© RIPRODUZIONE RISERVATA