Il pianoforte del resort, simbolo della tragedia avvenuta il 18 marzo scorso a Rigopiano

Rigopiano, la richiesta dei familiari: «Vogliamo i ricordi dei nostri cari»

Curiosi potrebbero portare via oggetti e altro dalle macerie dell'albergo: i parenti vogliono recuperare gli effetti personali delle vittime

PESCARA. Hanno perso i loro parenti sotto le macerie dell’hotel Rigopiano e, adesso, non vogliono perdere i ricordi. Un telefonino, un orologio, le statuine del presepe. I familiari delle 29 vittime della valanga del 18 gennaio scorso vogliono andare nell’albergo crollato di Farindola per cercare gli oggetti smarriti. E vogliono farlo prima degli altri. Cioè prima dei turisti dei disastri: quelli pronti a farsi scattare una foto in posa davanti a quell’ammasso fatto di cemento e travi, oggetti di tutti i giorni spazzati via nel giro di centinaia di metri e secolari alberi di faggio sradicati come stecchini; e quelli ancora peggiori, gli sciacalli, capaci di violare un sito ancora sotto sequestro a caccia di oggetti da rubare. Ieri, è andato in procura un gruppo di familiari guidato dal presidente del Comitato delle vittime Gianluca Tanda, il fratello di Marco, pilota marchigiano della Ryanair morto a Rigopiano insieme alla fidanzata vastese Jessica Tinari: hanno tutti paura che i curiosi arrivino prima di loro.
Insieme a Tanda, in procura si sono presentati anche Mario Tinari, il papà di Jessica, con altri familiari, Antonio Trotta, il fidanzato della chef di Archi Ilaria Di Biase, e Vincenzo Cicioni, il padre di Valentina, moglie del sopravvissuto Giampaolo Matrone. Un appuntamento al quarto piano, sede dell’ufficio dell’unico pm titolare del caso Andrea Papalia dopo il trasferimento a Pesaro del procuratore Cristina Tedeschini effettivo a partire dal 15 maggio prossimo, per ritirare una copia dei referti delle autopsie. E per presentare la richiesta di sopralluogo. Dalla famiglia del titolare Roberto Del Rosso è partita la prima richiesta ufficiale per andare a cercare quegli oggetti a cui tenevano tantissimo. Altre richieste arriveranno nei prossimi giorni.
Per i familiari delle vittime, la tragedia resta un peso insopportabile. E per andare avanti è obbligatorio aggrapparsi ai ricordi. Il loro è un appello agli inquirenti. E i carabinieri sono dalla parte dei parenti: il comandante provinciale, Marco Riscaldati, ha ascoltato le voci dei familiari, ha parlato con loro nell’atrio del tribunale e ha mostrato la faccia umana di una divisa. Ai familiari è stato promesso che, una volta arrivate le autorizzazioni della magistratura, sarà consentito di raggiungere Rigopiano per cercare gli effetti personali: un «sopralluogo» sotto il controllo delle forze dell’ordine, a partire dai vigili del fuoco che dovranno dare il via libera per accedere alle zone possibili ma pur sempre pericolose.
Se la verità sulle morti di Rigopiano è affidata ai documenti firmati dai medici legali di Pescara Ildo Polidoro e di Chieti Cristian D’Ovidio che da ieri non sono più un segreto per i familiari, gli stessi parenti continuano a cercare un legame con i propri cari scomparsi.
Manca poco al 18 maggio, quattro mesi dalla tragedia: per ricordare i loro morti, i familiari saranno ricevuti da papa Francesco il giorno prima, durante l’udienza generale di mercoledì 17 in Vaticano. Partiranno in pullman da Pescara alle 5 del mattino e poi aspetteranno una parola di conforto dal pontefice. Non basterà a cancellare il dolore e la rabbia ma servirà ad andare avanti. Aspettando i prossimi passi dell’inchiesta, che attualmente conta 6 indagati, e un confronto con le istituzioni. In occasione del quarto mese della valanga, i familiari avrebbero voluto avere un faccia a faccia con i vertici degli enti: Provincia di Pescara, competente per la strada sommersa dalla neve Farindola-Rigopiano, prefettura, che ha coordinato i soccorsi il 18, e Regione Abruzzo, come il soggetto che a partire dal 1992 avrebbe dovuto emanare la Carta del rischio valanghe rimasta poi lettera morta. Gli avvisi di garanzia e nessun passo deciso delle istituzioni, hanno fatto slittare il confronto. Ma prima o poi, secondo i familiari, quell’incontro ci sarà.
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