Il colonnello dei carabinieri, Massimiliano Di Pietro, e il procuratore aggiunto Anna Rita Mantini

LA TRAGEDIA DEL RESORT

Rigopiano, nessun abuso d’ufficio: in archivio l’inchiesta su Di Pietro 

Il gip ha accolto la richiesta della procura: il colonnello dei carabinieri non commise alcun ritardo nelle comunicazioni di indagine sulle telefonate di aiuto del cameriere D’Angelo, una delle 29 vittime

PESCARA. Anche il procedimento a carico del colonnello dei carabinieri Massimiliano Di Pietro, dopo quello sui tre carabinieri forestali, finisce in archivio. Ieri il gip Elio Bongrazio ha firmato l'archiviazione della posizione dell'ufficiale che, all'epoca dei fatti relativi alle indagini sul disastro di Rigopiano, comandava il nucleo di Pescara, dando così seguito alla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura e nello specifico dal procuratore aggiunto Anna Rita Mantini e dal sostituto Luca Sciarretta.

Luca Sciarretta, sostituto procuratore
A carico di Di Pietro non è stato evidenziato alcun comportamento penalmente rilevante, né tantomeno ritardi ingiustificati nelle varie comunicazioni di indagini relative alle telefonate del cameriere dell'hotel Rigopiano, Gabriele D'Angelo, che chiedeva aiuto nella mattinata del 18 gennaio 2017, giorno della tragedia che si sarebbe consumata qualche ora più tardi. Il gip ha archiviato, riconoscendo anche il prezioso lavoro svolto dal colonnello Di Pietro, messo ingiustificatamente sotto inchiesta con l'ipotesi di abuso d'ufficio, restituendogli quella dignità professionale che lo ha sempre contraddistinto nel corso della sua carriera di investigatore.
«Ritenuto», scrive il gip Bongrazio, «che anche per effetto dell'attività investigativa del Di Pietro la procura di Pescara era a conoscenza, a distanza di soli 20 giorni dai tragici accadimenti dell'hotel Rigopiano, del fatto che sia la Prefettura di Pescara sia gli altri enti pubblici preposti erano informati delle condizioni di emergenza e isolamento in cui versavano gli ospiti del predetto hotel», ha disposto l'archiviazione condividendo in pieno la richiesta dei magistrati. Nel corso del suo interrogatorio, Di Pietro aveva spiegato nel dettaglio la scansione temporale delle sue attività relative in particolare ai telefonini delle vittime che vennero analizzati dal Racis dei carabinieri, mettendo anche nero su bianco, in una memoria stilata dai suoi legali, Marco Femminella e Giovanni Legnini, tutti i passaggi salienti della vicenda, e precisando che già il 4 febbraio del 2017, e quindi in maniera indiscutibilmente tempestiva, era stata depositata in procura una relazione in tal senso.
E sono gli stessi magistrati che hanno condotto l'indagine a sottolineare come «non è possibile desumere alcuna volontaria omessa trasmissione alla procura della Repubblica, da parte del nucleo investigativo, di atti e informazioni relative alle telefonate effettuate da Gabriele D'Angelo la mattina del 18 gennaio 2017». E ancora, «in particolare, assume importanza decisiva, per escludere qualsiasi condotta illecita dell'indagato, l'analisi dell'informativa del 4 febbraio 2017 con la quale sono state trasmesse all'autorità giudiziaria le dichiarazioni rese da alcune persone informate sui fatti che avevano riferito proprio su questo aspetto».
E da quelle testimonianze raccolte dai carabinieri di Di Pietro, allegate a quella tempestiva informativa, «rimane confermato», scrive ancora la procura nel chiedere l'archiviazione, «che l'autorità giudiziaria venne tempestivamente informata dall'indagato sul dato della conoscenza, sin dalle prime ore del 18 gennaio 2017, da parte della Prefettura di Pescara e più in generale di tutti gli Enti preposti, della situazione di emergenza e di isolamento in cui versava la località di Rigopiano». C'è poi un altro passaggio importante nella richiesta della procura, quando scrive che «a ben guardare, poi, l'assenza di qualsiasi volontà di occultamento si desume anche dallo stesso contenuto dell'annotazione del 20 marzo 2017 la quale, a conferma delle sommarie informazioni di Matteo Di Domenico», volontario della Croce Rossa al Coc di Penne, «già trasmesse all'autorità giudiziaria il 4 febbraio 2017, riporta correttamente i messaggi whatsApp intercorsi, sul tema delle chiamate in Prefettura, tra il D'Angelo e il Di Domenico».
Il fascicolo contro Di Pietro era nato da un esposto presentato il 23 novembre 2019 da Alessio Feniello, padre di una delle vittime di Rigopiano che segnalava come il comando provinciale dei carabinieri avesse tardivamente comunicato alla procura gli esiti degli accertamenti tecnici del Ris sui telefoni di D'Angelo, pur essendone venuto in possesso un anno e mezzo prima. Cosa adesso definitivamente esclusa dalle indagini, che hanno invece elogiato il lavoro investigativo svolto del colonnello Di Pietro.

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