Rigopiano, processo bis per dieci: sotto accusa 6 dirigenti regionali
Confermata la condanna dell’ex prefetto Provolo, la tesi del depistaggio non è passata. Annullata la condanna dell’ex sindaco di Farindola Lacchetta
ROMA. Si riparte dal disastro. Con questa accusa il processo per i 29 morti dell’hotel Rigopiano prosegue e supera, di fatto, il rischio della prescrizione. Lo ha stabilito la Corte suprema di Cassazione che ha accolto il ricorso del procuratore generale della corte d’Appello dell’Aquila, annullando la sentenza di secondo grado che aveva assolto, come già quella del primo grado, i sei dirigenti del servizio di protezione civile della Regione, vale a dire Carlo Visca, Vincenzo Antenucci, Pierlugi Caputi, Emidio Primavera, Carlo Giovani e Sabatino Belmaggio. Oltre che del disastro colposo, davanti alla Corte d’Appello di Perugia, i sei andranno a rispondere di omicidio e lesioni plurime colpose.
LA CARTA VALANGHE
Tutti reati ritenuti conseguenza, per quanto riguarda la valanga che ha travolto l’hotel Rigopiano il 18 gennaio 2017, della mancata attuazione della Carta di localizzazione pericolo valanghe (Clpv) che la Regione era chiamata a fare da una legge di 25 anni prima. Dal 1992. Se ci fosse stata la Clpv, questo il ragionamento sostenuto dall’accusa ma anche dalle difese degli altri enti coinvolti, a cominciare da quella del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, si sarebbe saputo che quello dove insisteva l’hotel era un sito valanghivo. E dunque, o si sarebbe chiuso l’hotel durante il periodo invernale, oppure si sarebbe messa in sicurezza, con reti e paratie, quella parte della montagna ritenuta a rischio.
LA SENTENZA E LA GIOIA
Ieri pomeriggio, dopo un’attesa iniziata dalla due giorni della scorsa settimana, quando si è aperto il processo in Cassazione rinviando la sentenza appunto a ieri pomeriggio, il presidente Giorgio Fidelbo non ha impiegato neanche tre minuti per leggere il dispositivo e dare inizio, alle 18,21, a un nuovo capitolo del processo Rigopiano nell’aula magna piena di speranza e silenzio. Un nuovo inizio che i familiari dei 29 morti hanno accolto con occhi lucidi e sorrisi interrogativi quasi a non crederci, quasi a non aver capito. E poi le lacrime e gli abbracci, dopo quasi otto anni di battaglie e striscioni con i volti dei loro cari srotolati davanti ai Tribunali a implorare giustizia.
PROVINCIA E COMUNE
Ma il processo si riapre per altri 4 imputati, dieci in tutto dunque. Davanti alla Corte d’Appello di Perugia andranno anche il funzionario e il tecnico della Provincia Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta (per il quale è stato respinto il disastro ipotizzato dal sostituto procuratore di Cassazione Giuseppe Riccardi) e il tecnico comunale Enrico Colangeli, tutti condannati in Appello all’Aquila per omicidio e lesioni colpose plurimi: la Cassazione ha annullato la sentenza impugnata dal procuratore generale, disponendo un nuovo giudizio di appello per rivalutare le loro posizioni. E in questo caso, a gioire, sono le rispettive difese, gli avvocati Marco Spagnuolo, e Manlio Morcella (per i provinciali condannati in Appello a 3 anni e 4 mesi), David Brunelli e Alfredo Gaito (per i comunali condannati a 2 anni e 8 mesi): dopo la doppia condanna in primo e secondo grado, si sono visti di fatto annullare la sentenza dell’Appello per presunti vizi di legittimità. Dunque, tutto da rifare per loro.
IL PREFETTO
Diventa definitiva, confermata dalla Cassazione, la condanna a un anno e 8 mesi dell’ex prefetto Francesco Provolo che invece viene tirato fuori dal disastro richiesto dal sostituto Riccardi. I reati per lui restano di omissione di atti d’ufficio e di falso ideologico in atto pubblico.
Reati relativi alla convocazione del centro coordinamento soccorsi il 18 gennaio e non il 16 e 17 come falsamente fatto risultare dall’ex prefetto e dal capo di gabinetto Leonardo Bianco (anche a lui condanna confermata per il falso ma senza l’aggravante e dunque con uno “sconto” di due mesi: un anno e 2 mesi complessivi).
Niente depistaggio, invece, secondo i giudici della Cassazione, in merito alla telefonata di aiuto, poi sparita, del cameriere dell’hotel Gabriele D’Angelo: per Provolo, la sua vice Ida De Cesaris e altri tre prefettizi, sono state confermate le assoluzioni in primo e secondo grado.
Confermate (ricorsi inammissibili) le condanne a sei mesi del gestore dell’albergo Bruno Di Tommaso e del geometra Giuseppe Gatto. Assoluzione confermata per Andrea Marrone, consulente dell’hotel per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
PARTI CIVILI
Soddisfatte le parti civili: «Si è trattato di un totale stravolgimento delle sentenze di primo e secondo grado, con il coinvolgimento di figure in precedenza assolte come i dirigenti e i funzionari regionali», commenta l’avvocato Wania Della Vigna, «un esito che ci soddisfa, anche sull'aspetto civilistico si aprono scenari interessanti».
Sulla stessa lunghezza d’onda l’avvocato Massimiliano Gabriele: «Anche noi avevamo fatto appello lavorando proprio sulla responsabilità dei dirigenti regionali in merito alla mancata realizzazione della Clpv. Uno scenario nuovo, adesso, che porta con sé anche responsabilità civili e un tempo sufficiente: il disastro prevede 15 anni per la prescrizione».
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