Un’immagine di corso Vittorio Emanuele a Pescara

PESCARA

Risse e spaccio in corso Vittorio, i negozianti: "Abbiamo paura"

Episodi di criminalità sempre più frequenti: "Siamo costretti a chiuderci dentro". Pettinari (M5S) lancia la proposta di ripristinare le ronde di quartiere da parte delle forze dell’ordine

PESCARA. Costretti «a chiuderci a chiave dentro i negozi» per tentare «di respingere balordi, ubriachi e violenti, che vogliono sfondarci le vetrine» dopo averle insozzate di «vomito e urina». I clienti «ci chiamano per dirci che verranno a far compere solo la mattina, perché il pomeriggio qui diventa un Far West» con soggetti che si «spogliano nudi vicino ai giardinetti del terminal bus» dove ogni giorno gravitano centinaia di viaggiatori e turisti, ma anche studenti e famiglie con bambini, o che «schiamazzano, si ubriacano, defecano in strada, spacciano droga lungo corso Vittorio» sui marciapiedi, davanti alle attività commerciali e sotto gli occhi elettronici della sorveglianza pubblica e private.

Si stanno chiudendo dentro un muro omertoso, gli esercenti. Si stanno «quasi rassegnando» e «non hanno neppure più voglia di denunciare» degrado e soprusi quotidiani, i commercianti del quartiere sempre più multietnico (prevalentemente nigeriani, senegalesi, romeni) stretto tra corso Vittorio Emanuele, via Quarto dei Mille, via Mazzini, via De Amicis, piazza Santa Caterina e piazza dei Martiri Pennesi, che per il vice presidente del Consiglio regionale Domenico Pettinari, sta diventando «la Rancitelli del centro». Il pentastellato lo ha rimarcato, ieri, durante l’ennesima ispezione in zona sollecitata dai negozianti, sempre più in preda a «paura e indignazione» che, a gran voce, chiedono «ronde di sorveglianza delle forze dell’ordine che girano per le strade del centro, a piedi». A piedi, come girava fino a qualche settimana fa, prima di andare in pensione, il poliziotto municipale Lello Troiano, rimasto per anni distaccato nella trincea di una zona che dovrebbe risplendere e che invece è spesso «teatro di stupri, spaccio, risse e bivacchi».

«Questo quartiere» che si apre davanti alla stazione ferroviaria e al terminal di arrivi e partenze, «dovrebbe essere il biglietto da visita della città, invece chi giunge in città trova immediatamente uno spaccato umiliante, una ferita per i pescaresi perbene» sottolinea Pettinari che ieri mattina, mentre colloquiava con i commercianti, è stato preso di mira da un «africano ubriachissimo», così si è definito il giovane che girava in strada con le braghe calate e una bottiglia di liquore in mano e che, barcollante, ha urlato minaccioso: «Voi siete tutti bugiardi». Sono barricati dentro i negozi, gli esercenti, e dietro le barriere di sicurezza anti Covid parlano a denti stretti: «Che altro dobbiamo dire o fare? Da anni, ogni giorno, registriamo situazioni al limite della violenza e della decenza, chiamiamo carabinieri, polizia, vigili e finanza, che vengono, controllano, multano, ma non cambia mai niente».

Rompe il muro del silenzio, e ci mette la faccia, solo Barbara Corrente, titolare dello storico (40 anni) Centro del Cucito in corso Vittorio, che con la collaboratrice Sabrina Mulone, racconta delle volte in cui «dobbiamo chiuderci a chiave dentro il negozio perché balordi provano a sfondarci le vetrine, forse per derubarci o aggredirci. Siamo stati minacciati, abbiamo paura, i clienti vengono solo la mattina perché qui il pomeriggio è il coprifuoco e siamo costretti a chiudere i negozi in anticipo. Poi andiamo a prendere l’auto nell’area di risulta (paghiamo 38 euro al mese di abbonamento) e troviamo uomini che si scendono i pantaloni e ci fanno la pipì davanti». «Una vergogna che denunciamo da anni» conclude Pettinari che chiede a Comune e forze dell’ordine di «ripristinare la vigilanza di quartiere, monitorare gli appartamenti della zona occupati da gente dedita a traffici allargando i controlli di concerto con le autorità sanitarie e avviare ispezioni antimafia sulle attività commerciali. Chi fa male a questa città deve sentirsi braccato»