Un ristoratore prepara un tavolo ai tempi del Covid-19

ABRUZZO / CORONAVIRUS

Ristoratori disperati. «È l’ora dei ricorsi» 

Decreti e risarcimenti, 30 gestori di attività vanno dai giudici 

Tentano la strada giudiziaria i ristoratori abruzzesi. Sono stremati, sull’orlo della disperazione per la continua chiusura dei locali e per gli affari che colano a picco. Così, sull’onda dei numerosi ricorsi che i gestori del settore stanno presentando in tutta Italia, anche l’Abruzzo comincia a muoversi in questa direzione. Una trentina di ristoratori dislocati tra le varie province, coordinati da Aria Food, associazione di ristoratori e produttori abruzzesi, hanno deciso di presentare non uno, ma due ricorsi.

Il professor Enzo Di Salvatore
CONTRO IL DPCM
A un anno dallo scoppio della pandemia che ha sviluppato la crisi del settore, alimentata da continue aperture e chiusure con la conseguente impossibilità di lavorare con continuità, i titolari di ristoranti provano a correre ai ripari. Affiancati da Enzo Di Salvatore, professore di Diritto costituzionale all’Università degli Studi di Teramo, i ristoratori presenteranno un primo ricorso al Tar del Lazio, per contestare la legittimità del Dpcm. «Andremo a impugnarlo, non perché le misure adottate siano inopportune. Quello che si contesta è la legittimità costituzionale dello strumento. Un anno fa si poteva giustificare, oggi non c’è nulla che non riporti la decisione in Parlamento», spiega il docente. Il ricorso, che verrà seguito dall’avvocato Paolo Colasante del foro di Roma, punterà l'attenzione anche «sul modo irragionevole e sproporzionato che ha colpito le attività economiche, senza le differenziazioni necessarie. La politica ha preferito chiudere in modo indiscriminato un intero comparto, che presenta caratteristiche molto eterogenee. Continuare a colpire con queste modalità l’intero settore della ristorazione appare del tutto incomprensibile», commenta ancora Di Salvatore.

Valerio Di Mattia (Aria food)
RISARCIMENTO
Il secondo ricorso sarà presentato al Tribunale civile dell'Aquila, per ottenere un risarcimento adeguato rispetto alle perdite subite. «Per i ristoratori, i ristori sono insufficienti e protraendosi la situazione in questo modo, più della metà delle attività non sarà in grado di ripartire», chiarisce il docente di diritto. «La nostra azione è strutturata su tre momenti: i due ricorsi e infine la fase di proposta e di confronto con le istituzioni», afferma il presidente di Aria Food, Valerio Di Mattia. «Siamo stati i primi a riorganizzarci nel rispetto della normativa, adottando ogni forma di cautela sanitaria. Tuttavia ciò non è bastato. Dopo quasi un anno, scontiamo ancora l’assenza di rimedi adeguati».
LE PROPOSTE
I ristoratori richiedono un provvedimento ad hoc a tutela del settore e della filiera agroalimentare alle sue spalle. Nello specifico per la zona gialla i ristoratori chiedono di poter lavorare anche a cena, con la chiusura dei locali alle 23.30; nella fascia di rischio arancione di poter aprire per mezza giornata, lasciando al ristoratore la possibilità di scegliere tra pranzo o cena, riducendo comunque ulteriormente il numero dei coperti in sala e adottando più controlli. Altra richiesta riguarda l’introduzione di un criterio per distinguere tra chiusura/apertura per comuni più piccoli e città, densamente abitate. E poi controlli specifici per riattivare i banchetti, una politica di defiscalizzazione del costo del lavoro, il reintegro del personale per il quale il contratto sia scaduto durante il periodo di chiusura delle attività e la proroga del blocco dei licenziamenti per il personale al momento in cassa integrazione.

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