Sebastiani, Gattuso e Tardelli: un generoso che si emozionava
PESCARA. «C’è solo un presidente». Così cantavano gli azzurrini dell’Under 21 a Marinelli ai tempi degli Europei e delle Olimpiadi. «Quel coro se l’era inventato Pirlo e qualche altro», racconta oggi...
PESCARA. «C’è solo un presidente». Così cantavano gli azzurrini dell’Under 21 a Marinelli ai tempi degli Europei e delle Olimpiadi. «Quel coro se l’era inventato Pirlo e qualche altro», racconta oggi Gennaro Gattuso, «soprattutto dopo le vittorie era felice, e noi lo pompavamo». La scomparsa di Marinelli non spegne il sorriso di chi lo ha conosciuto e oggi lo ricorda. «Aveva un cuore come l’universo, io ero molto giovane, avevo 19 anni», riprende Gattuso, «ma lui era sempre disponibile con tutti. I ragazzi per lui erano come figli. E poi la sua vitalità, faceva sempre sport, quando andavamo in ritiro c’era sempre il momento della sua partita a tennis». E a proposito delle partite della Nazionale: «Le sentiva molto, quando vincevamo era sempre brillante, ci faceva sempre regali pazzeschi, ma prima era ansioso. Mi ricordo prima della finale di Bratislava, quando vincemmo l’Europeo, lo vedevo nervoso e allora gli dissi “non ti preoccupare che la portiamo a casa”. E lui a ripetermi: “ma veramente, veramente?”. Col tempo siamo rimasti in contatto, una persona di cuore e di una umanità incredibile».
Parole che ritornano anche con Marco Tardelli, allenatore di quell’Under 21 che vinse gli Europei nel 2000: «Insieme abbiamo vissuto diversi momenti, ma lo conoscevo da quando era presidente del Pescara. Un uomo molto generoso e molto amico. Marinelli è stato una persona fantastica, che mi ha dato molto». E conferma: «Era sempre molto nervoso prima della partiva, ma la sua bellezza era che invece cercava di dimostrare calma e di parlare ai ragazzi con grande tranquillità. Si emozionava sempre e naturalmente anche quando vincemmo gli Europei. Quella vittoria fu importante anche per lui come dirigente».
È un cordoglio unanime quello che il mondo del calcio riserva a Marinelli, e la sintesi la fa Gabriele Gravina, presidente della Figc: «Per me Vincenzo era un amico fraterno, lo conosco da quando sono entrato nel mondo del calcio negli anni Novanta. Abbiamo condiviso momenti esaltanti, difficili, alcuni complicati, ma rimane ferma l’immagine di Vincenzo grande appassionato di calcio, entusiasta della vita. Soprattutto un uomo che ha sempre creduto nell’immortalità, e per noi questo rimane, una persona immortale con il suo entusiasmo, la sua passione. Come ho ripetuto altre volte, l’emozione che ci unirà per sempre è quella medaglia olimpica vinta con l’Under 21 di Gentile ad Atene nel 2004. Fu un’impresa vera, l’Italia del calcio non vinceva una medaglia olimpica dal 1936, quel risultato fu il massimo dell’apoteosi».
Ma non solo Nazionale. Il cuore di Marinelli è sempre stato prima di tutto biancazzurro. «L’ultima volta ci siamo visti allo stadio prima del Covid», ricorda Bruno Nobili, capitano della prima promozione del Pescara in serie A nel ’77, «era tifosissimo, sempre cordiale. Ricordo quella prima promozione, era appassionato di numismatica, diede a tutti una sterlina d’oro». Quell’amore per il Pescara l’ha riconosciuto e onorato il presidente di oggi, Daniele Sebastiani, che lo ha nominato presidente onorario. «Abbiamo perso un amico vero che raccontarlo ci vorrebbe un libro», dice subito Sebastiani, «una persona che voleva bene a Pescara e al Pescara. Ho condiviso con lui gli ultimi 16 anni della squadra, una persona straordinaria. Era felicissimo di poter stare vicino al Pescara anche se non aveva incarichi. La verità è che in passato gli altri presidenti lo avevano messo da parte perché avevano paura della sua ombra, invece per me la sua ombra era un riparo. È stato un fratello maggiore, un amico con cui non ho avuto alcun interesse in comune se non i campi da padel che abbiamo aperto con Gigi Di Biagio. Lo sport è sempre stato il filo conduttore che ci univa. Alle partite andavamo insieme, era sempre seduto vicino a me, sempre in apprensione. E quando il Pescara perdeva per lui era una malattia, per una settimana stava male proprio. Aveva un amore viscerale per il Pescara. E poi la sua voglia di progettare. Il suo insegnamento per me resta proprio questo, guardare sempre avanti con l’ottimismo e la voglia di fare. Gli ho voluto e gli vorrò sempre bene». (s.d.l.)