Silvia uccisa per un bacio negato

Lo studente di Chieti confessa l'omicidio della ragazza romena al termine di una lite
FRANCAVILLA. Luca D'Alessandro ha ucciso per un bacio negato. Lo studente di Chieti ha confessato: è lui l'assassino di Silvia Elena Minastireanu, la 20enne romena uccisa nella serata del 23 dicembre nel suo appartamento in via Monte Sirente a Francavilla. Le ha stretto le mani intorno al collo fino a strozzarla.
I due ragazzi si conoscevano da dieci mesi, una frequentazione a pagamento che forse Luca D'Alessandro, 19 anni a gennaio, avrebbe voluto trasformare in qualcosa di più, e davanti al rifiuto della escort avrebbe perso la testa. L'ha colpita e poi afferrata al collo fino a soffocarla con le sue mani. A nulla è servito il tentativo disperato di divincolarsi di Silvia Elena Minastireanu. La sua vita è finita così, la sera dell'antivigilia di Natale. Il suo corpo nudo nascosto a metà sotto il letto, mentre il suo assassino trafugava i suoi effetti personali e gli indumenti intimi.
Lo studente teatino di 18 anni, arrestato dai carabinieri, è stato sottoposto ieri all'interrogatorio di garanzia nel carcere di Chieti dal gip Paolo Di Geronimo, alla presenza del pm Marika Ponziani e dei due difensori, gli avvocati Marco Femminella e Monica D'Amico. Ancora sotto shock, ha detto di aver sbagliato e di assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto.
L'omicidio sarebbe stato l'epilogo di una lite fra ragazzi, come l'avrebbe definita il giovane. Quello di D'Alessandro è stato un racconto con fatto di vuoti e silenzi, pare dettati dall'emotività che ha preso il sopravvento a seguito della rielaborazione dei fatti e della comprensione del dramma. Si parla di «affetti incompresi», di un suo tentativo di baciarla e del rifiuto di lei che ha scatenato una violenta lite.
Sul corpo di Silvia Elena, il medico legale Cristian D'Ovidio ha riscontrato ematomi e lesioni, segno che la donna ha cercato in ogni modo di difendersi prima di cedere alla violenza del suo assassino. Esile e alta 1 metro e 65 centimetri, la ragazza ha dovuto affrontare la furia del giovane, che ha al suo attivo anche un trattamento sanitario obbligatorio per aver distrutto i mobili della casa dei genitori sotto l'effetto di droghe sintetiche.
Da allora il giovane si era allontanato dalla casa di famiglia, a Chieti, per andare a vivere dai nonni a Francavilla. Lo studente, iscritto al quinto anno dell'istituto tecnico in una scuola di recupero e amante delle moto, frequentava la giovane prostituta da tempo. Ma l'altra sera avrebbe voluto da lei qualcosa in più, un gesto di affetto, un bacio. Di fronte al rifiuto di lei, la lite sarebbe via via degenerata, fino al tragico epilogo.
Secondo i difensori, il litigio sarebbe nato dal bisogno d'affetto, e non si tratterebbe di un delitto passionale. La parola "sentimenti" non sarebbe mai uscita dalla bocca di D'Alessandro nel corso dell'interrogatorio di garanzia, durato circa tre quarti d'ora. Il ragazzo però, alla domanda «perché l'hai uccisa?», non ha dato una risposta compiuta. Sembra che tra i due, l'ultima lite non sia stata la sola. Già in precedenza avevano avuto modo di confrontarsi in modo acceso.
D'Alessandro resta nel carcere di Chieti, probabilmente il pm Ponziani vorrà sentirlo di nuovo mentre i difensori pensano già al processo. «Il rito abbreviato», afferma l'avvocato Femminella, «è la cosa più logica, anche se dobbiamo capire le dinamiche che hanno portato a questa situazione». Il legale conferma che è allo studio l'ipotesi di una perizia sul ragazzo, anche sulla base del gesto d'ira che lo ha portato a sfasciare la casa dei suoi.
Nei confronti del 18enne le accuse sono di omicidio e rapina, un reato, quest'ultimo, che gli viene contestato perché ha portato via dall'abitazione della vittima vari oggetti fra i quali il passaporto della donna e i documenti del suo cane, cinque telefoni cellulari, le chiavi dell'appartamento, 1.400 euro e valuta messicana. Un'accusa, almeno quella di rapina, che la difesa proverà a smontare: avrebbe preso soldi e cellulari perché sotto shock.
I due ragazzi si conoscevano da dieci mesi, una frequentazione a pagamento che forse Luca D'Alessandro, 19 anni a gennaio, avrebbe voluto trasformare in qualcosa di più, e davanti al rifiuto della escort avrebbe perso la testa. L'ha colpita e poi afferrata al collo fino a soffocarla con le sue mani. A nulla è servito il tentativo disperato di divincolarsi di Silvia Elena Minastireanu. La sua vita è finita così, la sera dell'antivigilia di Natale. Il suo corpo nudo nascosto a metà sotto il letto, mentre il suo assassino trafugava i suoi effetti personali e gli indumenti intimi.
Lo studente teatino di 18 anni, arrestato dai carabinieri, è stato sottoposto ieri all'interrogatorio di garanzia nel carcere di Chieti dal gip Paolo Di Geronimo, alla presenza del pm Marika Ponziani e dei due difensori, gli avvocati Marco Femminella e Monica D'Amico. Ancora sotto shock, ha detto di aver sbagliato e di assumersi la responsabilità di ciò che ha fatto.
L'omicidio sarebbe stato l'epilogo di una lite fra ragazzi, come l'avrebbe definita il giovane. Quello di D'Alessandro è stato un racconto con fatto di vuoti e silenzi, pare dettati dall'emotività che ha preso il sopravvento a seguito della rielaborazione dei fatti e della comprensione del dramma. Si parla di «affetti incompresi», di un suo tentativo di baciarla e del rifiuto di lei che ha scatenato una violenta lite.
Sul corpo di Silvia Elena, il medico legale Cristian D'Ovidio ha riscontrato ematomi e lesioni, segno che la donna ha cercato in ogni modo di difendersi prima di cedere alla violenza del suo assassino. Esile e alta 1 metro e 65 centimetri, la ragazza ha dovuto affrontare la furia del giovane, che ha al suo attivo anche un trattamento sanitario obbligatorio per aver distrutto i mobili della casa dei genitori sotto l'effetto di droghe sintetiche.
Da allora il giovane si era allontanato dalla casa di famiglia, a Chieti, per andare a vivere dai nonni a Francavilla. Lo studente, iscritto al quinto anno dell'istituto tecnico in una scuola di recupero e amante delle moto, frequentava la giovane prostituta da tempo. Ma l'altra sera avrebbe voluto da lei qualcosa in più, un gesto di affetto, un bacio. Di fronte al rifiuto di lei, la lite sarebbe via via degenerata, fino al tragico epilogo.
Secondo i difensori, il litigio sarebbe nato dal bisogno d'affetto, e non si tratterebbe di un delitto passionale. La parola "sentimenti" non sarebbe mai uscita dalla bocca di D'Alessandro nel corso dell'interrogatorio di garanzia, durato circa tre quarti d'ora. Il ragazzo però, alla domanda «perché l'hai uccisa?», non ha dato una risposta compiuta. Sembra che tra i due, l'ultima lite non sia stata la sola. Già in precedenza avevano avuto modo di confrontarsi in modo acceso.
D'Alessandro resta nel carcere di Chieti, probabilmente il pm Ponziani vorrà sentirlo di nuovo mentre i difensori pensano già al processo. «Il rito abbreviato», afferma l'avvocato Femminella, «è la cosa più logica, anche se dobbiamo capire le dinamiche che hanno portato a questa situazione». Il legale conferma che è allo studio l'ipotesi di una perizia sul ragazzo, anche sulla base del gesto d'ira che lo ha portato a sfasciare la casa dei suoi.
Nei confronti del 18enne le accuse sono di omicidio e rapina, un reato, quest'ultimo, che gli viene contestato perché ha portato via dall'abitazione della vittima vari oggetti fra i quali il passaporto della donna e i documenti del suo cane, cinque telefoni cellulari, le chiavi dell'appartamento, 1.400 euro e valuta messicana. Un'accusa, almeno quella di rapina, che la difesa proverà a smontare: avrebbe preso soldi e cellulari perché sotto shock.
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