Ursino, il presunto mandante, e Albi, la vittima della sparatoria

PESCARA

Sparatoria sulla Strada parco, ecco “il patto con il diavolo”

Il giudice per le indagini preliminari ricostruisce le motivazioni che avrebbero portato ai colpi di pistola contro Albi e Cavallito

PESCARA. Il perché dell’agguato mortale all’architetto Walter Albi, principale obiettivo del killer, e del grave ferimento del suo amico, l’ex calciatore Luca Cavallito, viene sintetizzato in maniera puntuale dal gip Giovanni de Rensis nella misura cautelare firmata contro l’esecutore materiale del delitto e del ferimento, il pescarese Cosimo Nobile, detto Mimmo, e del suo mandante, il calabrese Natale Ursino. «Le indagini», scrive il gip, «hanno permesso di tratteggiare un quadro che ha visto tragicamente incrociarsi, nel tardo pomeriggio del 1° agosto 2022, i destini di quattro uomini».

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I DESTINI DI QUATTRO UOMINI Ursino «un pluripregiudicato vicino alla ’drina dei Cordi di Locri, grandemente temuto da tutti coloro i quali entravano in affari con lui»; Nobile «un pluripregiudicato pescarese “specializzato” nei reati caratterizzati dalla violenza alla persona ed in quelli inerenti le armi»; Cavallito «un uomo nei confronti del quale era già stata emessa una sentenza irrevocabile di applicazione pena per detenzione di sostanze stupefacenti che, essendo creditore di somme derivanti dal narcotraffico che non riusciva a riscuotere ed avendo problemi di liquidità, non esitava a proporsi a Ursino come ricettatore di oro e orologi di valore che in realtà nessuno gli avrebbe mai consegnati»; Albi «un incensurato che, essendo caduto vittima di una truffa, da lui invece creduta un’opportunità per diventare milionario, aveva versato migliaia di euro in un pozzo senza fondo e che, essendo alla ricerca spasmodica di denaro, pensava di aver trovato in Ursino un finanziatore al quale, per sdebitarsi, ben sapendo che non avrebbe mai potuto restituirgli il denaro ottenuto, aveva promesso qualcosa che non sarebbe mai stato in grado di compiere (la traversata transoceanica per trasportare molto probabilmente un latitante ndr), così però stringendo un patto con il diavolo».

LE PROMESSE NON MANTENUTE In questo passaggio è sintetizzata la storia di qualche mese di indagini, da quando cioè Ursino, tramite un pregiudicato pescarese conosciuto in cella, entra in contatto con Nobile, amico di Cavallito con il quale aveva fatto affari con la droga, e imbastisce il suo piano per il viaggio in Sudamerica o in Australia con la barca di Albi. Quest’ultimo inizia a chiedere soldi al calabrese: piccole somme che gli vengono consegnate più che altro per stringere i rapporti, sotto la garanzia di Cavallito. Ma poi una serie di affari non andati a buon fine fanno scattare in Ursino la decisione di eliminare tutti e due.

Un appartamento che il calabrese aveva chiesto ad Albi di acquistare con i suoi soldi intestandolo però allo stesso Albi; un quadro di Mirò acquistato da Ursino su indicazione di Albi e Cavallito rivelatosi un bluff; la traversata diventata una chimera; somme di denaro prestate ad Albi e mai restituite.

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GLI AVVERTIMENTI DI URSINO «A luglio», scrive il gip, «Ursino decide di uccidere Albi perché gli era debitore di denaro che non sarebbe mai stato in grado di restituire; era venuto a conoscenza di notizie relative a delicatissime attività illecite di Ursino; aveva compreso la sua inaffidabilità; gli aveva mancato di rispetto».

«Fiducia do a chi reputo abbia la mia stessa serietà», dice il calabrese ad Albi in un messaggio. E poi ancora, “qui (parlando della Calabria) almeno con persone di certi valori, la parola non è un contratto, ma di più”; “Guarda» scrive ancora il calabrese ad Albi, «io capisco tutto e tutti, ma vorrei che anche gli altri capiscano me. Io sono abituato a parlare una volta. Sono sicuro che sei di parola e mantieni quanto detto”.

Tutti segnali forti che Albi non capisce, così come non recepisce neppure gli inviti di Cavallito a stare attento: “Non sai con quali persone di sei messo. Per loro mille euro o un milione sono la stessa cosa. Sei un uomo morto”.

CAVALLITO E NOBILE Ursino decide di uccidere anche Cavallito che era venuto a conoscenza da Albi di certe notizie molto riservate sul suo conto. Aveva affidato l’esecuzione a Nobile perché «era un personaggio della malavita locale che aveva grande dimestichezza con le armi e conosceva alla perfezione il “teatro delle operazioni”; sapeva che Nobile aveva motivi di risentimento con Cavallito. E Nobile aveva accettato», continua il gip, «perché era consapevole dello spessore criminale di Ursino e non aveva la forza di opporsi; era debitore di denaro nei confronti del calabrese che non avrebbe mai potuto restituire, aderendo ai desiderata omicidari di Ursino avrebbe così saldato il suo debito ed eliminato un creditore come Cavallito (al quale doveva, per droga, 140mila euro ndr)».