Ticket per i malati disabili, calvario in Abruzzo: "Piegati dal dolore e dalla burocrazia"

Camilla racconta il calvario del fratello tetraplegico: ci siamo indebitati per pagare l’assistenza e tenerlo vicino a casa

MONTESILVANO. «Come se non bastasse il dolore per la disabilità di mio fratello, siamo costretti a fare i conti con una burocrazia macchinosa e incompetente che ha portato la mia famiglia a indebitarsi. Si spiega così la nostra situazione disperata». È uno sfogo accorato quello di Camilla Liberatore, giovane montesilvanese e sorella di Antonio, 37 anni, tetraplegico, ipovedente ed epilettico a causa di una perinatale che lo ha costretto a una nascita prematura e a un'esistenza da invalido al 100%.

Ricoverato dall'età di 6 anni in un istituto specializzato a Bellaria-Igea Marina (Rimini), al compimento della maggiore età, Antonio è dovuto rientrare in Abruzzo dal momento che la Asl non pagava più l'assistenza fuori regione. «Ed è da quel momento che sono cominciati i veri problemi per la mia famiglia», racconta Camilla. «Mio fratello è stato ricoverato a Francavilla, in una struttura del Maristella di Chieti, all'epoca di proprietà di Angelini. È rimasto lì fino al '96, quando insieme agli altri pazienti è stato trasferito in un padiglione di Villa Pini. A Chieti è rimasto fino al 4 aprile 2013 in una clinica non a norma, senza un'adeguata fisioterapia che ha reso vani tutti i progressi fatti in Romagna. Abbiamo visto scene agghiaccianti, ragazzi tenuti in condizioni disumane».

Intanto Villa Pini, il 4 aprile 2013, chiude i battenti perché non a norma, e i pazienti trasportati tutti a Palena, tranne Antonio. «Ricordo quella mattina come un incubo. Più che un trasferimento sembrava una deportazione», prosegue Camilla. «Con gli altri componenti del comitato di cui ero presidente, tra i quali il dottor Giuseppe Spadavecchia, abbiamo cercato di bloccare il trasferimento a Palena, centro lontano e non adatto ad accogliere disabili, ma senza successo». Intanto Antonio, avendo bisogno di riabilitazione, non è stato accolto a Palena e la famiglia ha avuto la possibilità di scegliere tra la Rsa di Gissi, gratuita, e quella di San Giovanni Teatino, a carico del disabile.

«Pur di tenere mio fratello vicino abbiamo scelto Villa San Giovanni e ci siamo fatti carico delle spese, 25,83 euro al giorno, circa 800 euro al mese, provvedendo subito a fare richiesta per l'accompagnamento». Eppure, a distanza di un anno e mezzo,a famiglia di Antonio non ha ancora ricevuto alcun assegno, se non la piccola pensione di invalidità mensile, 230 euro. «A causa di una burocrazia lenta, macchinosa e incompetente», attacca Camilla, «e considerando che mio marito e mia madre sono disoccupati e io, che ho anche due bimbi piccoli e un mutuo sulle spalle, sono l'unica a lavorare, ci siamo presto indebitati con la Rsa che è stata fin troppo comprensiva nei nostri confronti».

Il debito, mese dopo mese, ha raggiunto i 5mila euro e ha spinto la famiglia Liberatore a una sofferta decisione: trasferire Antonio a cento chilometri di distanza. «Avendo chiesto aiuto invano anche al Comune, abbiamo deciso di portare mio fratello a Gissi per poter riprendere un po' di respiro e saldare il debito attraverso un piano di rientro “morbido" concessoci dal centro di San Giovanni», continua la montesilvanese. «Ma ora che sentiamo parlare anche di compartecipazione nel pagamento del ticket per la riabilitazione mi chiedo davvero come faremo considerato anche che, stando a Gissi, ora mio fratello non ha neanche più diritto all'accompagnamento».

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