UN PICCOLO SCHETTINO D’ABRUZZO
La botta c’è stata ed è stata pure forte. E non è che Pescara ne sentisse il bisogno. Nell’annus horribilis della squadra di calcio precipitata in Serie B senza colpo ferire e del fiume che si può attraversare quasi senza bagnarsi i polpacci, ci mancava pure una bella botta contro il Ponte del Mare, l’unico monumento di una città che non ama i monumenti. La grugnata gliel’ha data la gru di una di quelle draghe che, dopo anni di attesa e di cavilli burocratici, si sono messe finalmente al lavoro per cercare di ridare un minimo di profondità alla Pescara e consentire così ai pescatori di tornare a fare il loro mestiere. Il comandante della ditta che sta dragando il letto del fiume ha ammesso lo sbaglio. «E’ stato un errore umano», ha detto. Ma ha subito precisato che non è fuggito dopo la botta, non ha lasciato lo scafo. Come a voler allontanare da sé l’ombra tragicomica di Schettino, il comandante della Concordia che mollò tutto e tutti dopo aver guidato al naufragio la sua nave. Eppure l’ombra di quel Lord Jim impomatato incombe, ormai, come una maledizione su tutti quelli che, negli ultimi tempi, sembrano facciano a gara a seppellire l’antico detto che vuole gli italiani popolo di poeti, santi e navigatori. Quanto ai poeti, ne abbiamo in quantità superiore alle nostre esigenze. Di santi, invece, cioè di persone capaci di vivere ancora in questo Paese, ce ne sono 59 milioni e rotti , secondo l’ultimo censimento. Gli unici che cominciano a scarseggiare sono i navigatori. Ci toccherà importare anche quelli?