«Urbanistica, D'Alfonso a processo»

Il pm chiede il rinvio a giudizio per ex sindaco, politici e costruttori

PESCARA. Nessuna archiviazione, nessuno stralcio. Per la procura, l'ex sindaco Luciano D'Alfonso e con lui i big del mattone devono essere processati perché al centro di una rete di interessi e corruttele creata per pilotare 22 accordi di programma.

Con la firma sulla richiesta di rinvio a giudizio, il sostituto procuratore Gennaro Varone ha messo nelle mani del giudice per l'udienza preliminare la decisione sul destino giudiziario di 20 indagati (sui 33 iniziali), accusati a vario titolo di corruzione e concussione: Luciano D'Alfonso, ma anche i grandi nomi delle costruzioni, finiti sotto inchiesta nel 2006 per gli accordi di programma con il Comune, messi in cantiere tra il 2005 e il 2007, realizzati alcuni, altri rimasti allo stato di progetto.

Un elenco in cui compaiono, tra gli altri, i nomi di Dino e Giovanni Di Vincenzo, Lorenzo Di Properzio, Michele D'Andrea, Aldo Primavera, Alfio Sciarra e Franco Lamante, imprenditori che, secondo l'accusa, avrebbero pagato tangenti in cambio di favori.

Assieme ai costruttori, avrebbero fatto parte del sistema illecito alcuni dirigenti ed ex dirigenti comunali, da Gaetano Silverii, ex titolare dei Programmi complessi e attuale responsabile delle Politiche comunitarie, a Guido Dezio, all'epoca braccio destro di D'Alfonso, oltre a una piccola pattuglia di politici, oggi tutti nel centrodestra: l'attuale presidente del consiglio comunale Licio Di Biase, il capogruppo dell'Udc Vincenzo Dogali, ex presidente della commissione Urbanistica, il compagno di maggioranza Giuseppe Bruno, consigliere di Pescara futura ed ex assessore ai Lavori pubblici e l'ex consigliere comunale Nicola Ferrara.

Nell'inchiesta che nasce prima di quella sulle presunte tangenti («Housework»), e affidata alla squadra Mobile, a guidare gli investigatori è stata una «bussola»: la «contabilità occulta» ritrovata in un cassetto di Dezio, un codice nel quale sarebbero stati annotati i nomi degli imprenditori accanto alla cifra della presunta tangente.

Secondo la ricostruzione contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini (che si differenzia dalla richiesta solo per alcuni capi di imputazione), Dino e Giovanni Di Vincenzo avrebbero corrisposto a D'Alfonso 15 mila euro per l'accordo di programma per il parco Florida, per il quale l'ex sindaco avrebbe, tra l'altro, evitato «di imporre il vincolo espropriativo della variante dal Prg», pur trattandosi di un'area destinata a verde. Primavera - che il pm definisce «ostaggio di un sindaco che lo teneva sulla corda» - avrebbe consegnato a D'Alfonso «denaro in contanti quantificabile in decine di migliaia di euro».

Da Di Properzio, impegnato in alcune «delicate operazioni», come l'accordo di programma per il Polo giudiziario, «nel cui ambito è stata autorizzata la monetizzazione delle aree cedute», l'ex sindaco avrebbe ricevuto 50 mila euro. Per Sciarra, invece, la somma versata sarebbe stata 5 mila euro. L'imprenditore sarebbe stato agevolato nell'accordo di programma adottato il 23 giugno 2005 con «un arbitrario calcolo del valore delle aree cedute»: i costi sarebbero stati calcolati per favorire l'impresa, passando «senza ragione da 30 euro al metro quadrato a 45 euro, al solo fine di superare la soglia del 45% stabilita dal consiglio comunale».

Altri 5 mila euro sarebbero arrivati da D'Andrea. Grazie a Silverii, dice l'accusa, sarebbe stato favorito il programma di via Spiga, via Giotto e via Raffaello, avallando l'intervento «benché ricadente in zona già vincolata a comparto edificatorio dal Prg, al solo fine di concedere al costruttore un vistoso aumento di cubatura e di altezze in deroga al Prg»; inoltre il prezzo delle aree da cedere al Comune sarebbe stato calcolato in 100 euro al metro quadrato «anche se si trattava di cessioni obbligatorie e prive di potenzialità edificatorie». Tra le presunte dazioni, anche un viaggio a New York nel giugno 2006 per sindaco, familiari, assessori e staff (valore 11 mila euro), i cui costi sarebbero stati sostenuti da Nicola Di Mascio e Alessandro Di Carlo.

Per Di Biase, infine, il pm ipotizza una serie di «dazioni» da parte di imprenditori, con versamenti di migliaia di euro alla sua società Scep Service o in inserzioni pubblicitarie sul mensile «Terzo millennio» o nella fornitura di libri dello stesso Di Biase.

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