Di Renzo professionista sulle orme del padre 

Andrea: «Ma la dedica va a nonno Bruno che mi ha cresciuto con la bici»

LANCIANO. Di padre in figlio. Da Marco ad Andrea. Quella della famiglia Di Renzo non è solo una delle tante storie di sport. È anche il racconto di una passione fortissima per la bici. Non certo unica nel suo genere, ma meritevole di attenzione.
Una storia iniziata nel 1996 con Marco (classe 1969), diventato professionista dopo essere stato ad un passo dal definitivo ritiro: lui che a soli 11 anni collezionava un successo dopo l'altro, per poi passare nei dilettanti dove, complice un triennio condito da risultati inferiori alle attese, decide di fermarsi. Per sempre, avendo nel frattempo messo su famiglia: una moglie, che pur brontolando lo asseconderà in ogni suo passo, dandogli quattro splendidi figli. Fatale però si rivela il ruolo di alcuni amici, che lo convincono ad inforcare di nuovo la bici: da cicloamatore e poi, di nuovo come dilettante. «Tutta colpa», conferma l'interessato diretto, «di Cosimo D'Orazio e Mario Di Toro, alle cui insistenze devo la mia carriera ciclistica, così come la figura di Stefano Giuliani fu fondamentale per il mio salto di qualità».
Il tanto sospirato approdo nel professionismo (datato 1996), nelle file delle Cantina Tollo - CoBo.
Cinque anni di soddisfazioni personali e piazzamenti. «Di quel periodo», rammenta Marco Di Renzo, «serbo solo bei ricordi. Su tutti, la tappa vinta alla Vuelta, a 26 anni, al primo anno da professionista. Certo, fossi riuscito ad aggiudicarmi un Giro d'Italia o una delle tante classiche, avrei goduto di fama maggiore, ma sono soddisfatto di quanto fatto in carriera. Sacrificandomi cioè per i più bravi, diventando, per loro, un importante punto di riferimento. Del resto», svela Di Renzo senior, attuale titolare dell'omonima agenzia pubblicitaria, nonchè fondatore della Sangro Bike, ad Altino, «è questo che ho sempre detto ai miei figli, ed in particolare ad Andrea (neo professionista, ndc): quello del ciclista, a certi livelli, è un lavoro come tutti gli altri, anche se più duro, visto che pretende diverse rinunce, che non tutti, in così giovane età, sono disposti a fare. Un lavoro nel quale si può essere determinanti pur non collezionando successi: l'importante è svolgere al meglio il proprio ruolo: da leader o da gregario cambia poco, almeno all'interno di un gruppo. Ecco perché», conclude, «vado fiero anche delle due maglie nere con cui chiusi altrettante edizioni del Giro d'Italia. In ultima posizione, è vero, ma comunque davanti a tanti colleghi più affermati, ritiratisi prima del tempo, senza completare quindi tutte le tappe».
Consigli di cui farà senz'altro tesoro il 24enne Andrea. Tesserato il 13 ottobre scorso dalla Squar Neri-Selle Italia - Ktm, società professionistica con sede a Pistoia. Un sogno realizzato, anche se la persona che più di tutte avrebbe esultato ad una simile notizia non c'è più. «È vero», conferma il secondogenito della famiglia Di Renzo, «ed è a lui che è andato il mio primo pensiero, al momento della firma. Mi riferisco a nonno Bruno, venuto purtroppo a mancare tre anni fa. Era lui infatti ad accompagnarmi ovunque, ad incitarmi e sostenermi, distogliendomi dalla voglia di mollare tutto, al termine di un 2014 caratterizzato da due brutte cadute ed un lungo periodo di stop forzato».
Desiderio, per la verità riaffiorato anche di recente: «Questa estate», ammette Andrea, «visto che, a dispetto degli ottimi risultati conseguiti, la tanto attesa chiamata non arrivava. Se sono andato avanti, quindi, lo devo all'incoraggiamento di familiari e amici, ma anche al pensiero di mio nonno. Che, ne sono certo, non avrebbe approvato e che ora, ovunque sia, sarà fiero di me».
Altra figura fondamentale, per lui, quella della sua ragazza. «Chiara Mattetti. Ci tengo a citarla», spiega, «perché mi è stata sempre vicina in questi mesi, aiutandomi a superare le fasi più dure». I due, ora, sono in Kenia, per un breve ma meritato periodo di vacanza. «L'avevamo prenotata da tempo, non immaginando i recenti sviluppi», svela prima della partenza lo stesso Di Renzo, atteso al suo rientro da un programma di duro lavoro.
Il suo team infatti prenderà parte all'edizione 2020 della Vuelta al Tàchira, in calendario dal 10 gennaio in Venezuela. «Spero di esserci, ma se così non fosse continuerò ad allenarmi in vista dei successivi impegni che ci attendono», l'auspicio di Andrea Di Renzo. Chiamato a ripetere le gesta del capofamiglia Marco. Ci riuscirà? Suo padre è convinto di sì... «Siamo diversi, nel senso che io ero più un velocista mentre lui è uno scalatore, particolarmente adatto alle corse a tappe. Da professionista», conclude, «penso possa fare bene, tenendo però sempre presente che alla base di tutto ci sono rispetto ed educazione». Le stesse raccomandazioni di nonno Bruno...
Stefano De Cristofaro
©RIPRODUZIONE RISERVATA.