Fiorio, un mare di ricordi «Io, Trulli e l’Avvocato» 

L’ex direttore della Ferrari in Abruzzo per la rievocazione della Coppa di Natale: nel 1961 feci l’ultimo gran premio di Pescara. Agnelli? Chiamava alle 6 di mattina

PESCARA. Cesare Fiorio è l’ospite d’onore, oggi, all’ottava rievocazione della “Coppa di Natale”. Prima un convegno, in mattinata, a Penne e poi il raduno di macchine d’epoca in marcia verso Loreto Aprutino. E Cesare Fiorio è tra i relatori della tavola rotonda dal titolo “Abruzzo: piloti, motori e altre storie”, insieme a Fabio Di Pasquale, presidente dell’Old Motors Club d’Abruzzo, Mario Semproni, sindaco di Penne, Raffaele Pelillo, presidente Energie Alternative Aci, e Gabriele Obletter, nipote del marchese De Sterlich. Al centro della discussione anche di due personaggi abruzzesi che si sono distinti nell’automobilismo, vale a dire il marchese De Sterlich, il “Gentleman driver” che contribuì al salvataggio della Maserati, e Bruno Patriarca, costruttore di automobili. L’ex pilota e direttore sportivo (anche della Ferrari dal 1989 al 1991) di origine torinese trapiantato in Puglia attingerà dal suo bagaglio di esperienza con racconti inediti. «Sono legato all’Abruzzo per tanti motivi», ha raccontato Cesare Fiorio, 79 anni, durante la diretta Facebook di ieri sera - nella redazione de il Centro - disponibile sul sito del giornale. «In primis perché nel 1961 ho partecipato all’ultimo gran premio di Pescara. Poi, perché ho visto nascere Jarno Trulli nel mondo della Formula 1. Ricordo ancora oggi il provino, in Francia, in cui diede un secondo agli altri piloti in prova».
Cesare Fiorio e la Ferrari, un grande amore.
«E’ stato sempre il mio obiettivo, anche quando vincevo le gare dei rally. E l’ho centrato dopo 40 anni di gavetta. Correvo nel rally e cercavo di studiare i congegni per superare gli avversari».
La Ferrari degli ultimi due anni è partita bene e poi si è fatta staccare dalla Mercedes.
«In particolare quest’anno è mancata la presenza di Sergio Marchionne, purtroppo scomparso in agosto. Fino a quel momento era riuscito a far risalire la Ferrari al livello della Mercedes. Poi, le differenze sono risultate più evidenti. Ci ha messo del suo anche Vettel con alcuni errori e la Mercedes ha fatto il pieno. Sergio aveva messo sotto i tecnici della Ferrari, sparito lui questo impulso è venuto a mancare e siamo tornati indietro».
Margini per recuperare terreno?
«Ce ne sono, ma sono sempre nelle mani ai tecnici dei motori, del telaio e dell’aerodinamica. Oggi la Formula 1 si basa su questi tre elementi fondamentali e bisogna essere all’avanguardia per vincere. In più c’è bisogno di un pilota che non soffra la pressione».
Decisivo l’errore di Vettel a Monza ?
«Sì e no, nel senso che ce ne sono stati altri in precedenza. Troppi per sperare di vincere».
Il miglior pilota, a suo avviso?
«Fernando Alonso, sfortunato, ma grandissimo. E poi questo Hamilton che effettivamente non sbaglia mai».
Il futuro della Formula 1?
«Non penso a grossi stravolgimenti. Non bisogna perdere il contatto con la gente, perché poi non capisce e, di conseguenza, non ti segue più. Piuttosto sono troppi gran premi: oggi 21, ai miei tempi una quindicina. Il gran premio non è più un evento, ma quasi una routine».
Il futuro dopo Marchionne nella Ferrari?
«Credo che se lo stiano chiedendo anche loro nella stanza dei bottoni».
Lei è stato direttore della Ferrari dal 1989 al 1991, sfiorando la conquista del Mondiale con Prost. Il rapporto con il compianto avvocato Agnelli?
«Era uno spettatore appassionato. La domenica si divideva tra la Ferrari e la Juventus. Ma per quanto mi riguarda non ha mai messo becco nelle scelte strategiche».
Anche a lei chiamava all’alba?
«Alle sei del mattino arrivava la telefonata. “Qui la segreteria di casa Agnelli, stava mica dormendo?” E io rispondevo: “No, si figuri...».
Oggi invece tocca a John Elkann.
«E’ quello che più di tutti sente la responsabilità di tenere in alto il marchio Ferrari».
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