30 luglio

Oggi, ma nel 1938, a Berlino, Henry Ford, fondatore della casa automobilistica americana con il suo cognome, creata il 16 giugno 1903, in occasione del suo 75° genetliaco, riceveva per volere diretto di Adolf Hitler, l’insegna di Cavaliere di gran croce dell’ordine dell’aquila tedesca, la più alta prevista dal regime con la svastica anche per i non tedeschi, per rimarcare l’impegno profuso dalla filiale germanica della società di Dearborn, ovvero quella di Colonia, nel fornire carri armati e più in generale mezzi blindati all’esercito del Reich ed anche per aver finanziato ingentemente la causa politica con il simbolo della croce uncinata.
Il Fuhrer era alleato di Benito Mussolini, anche lui beneficiario del prestigioso riconoscimento spettato a Ford, ma nell’ancor più blasonata versione in oro e diamanti, istituito l’1 maggio 1937 e toccato, fino alla controversa morte del dittatore, datata 30 aprile 1945, a 35 notabili internazionali in tutto, tra i quali 11 italiani e la finlandese Lotta Svard, capo dell’organizzazione Fanni Luukkonen, come unica donna. Il '38 era proprio l’anno dell’intensificarsi dei rapporti con l'Italia e del consolidamento dell’Asse Roma-Berlino, a cominciare dal viaggio del leader nazista nel Belpaese con la sortita nella Capitale del 2 maggio. La vicenda dei rapporti tra Hitler e Ford (nella foto, particolare, in abito chiaro proprio nel momento della consegna dell’onorificenza), che secondo la storiografia ufficiale non si sarebbero mai incontrati, affondavano le radici nel 1918.
In quell'anno, infatti, l’industriale a stelle e strisce aveva acquisito il settimanale di Detroit “The Dearborn Independent” che fino al 1927, anno della chiusura per problemi di contenziosi legali, aveva poi pubblicato articoli a forte impronta antisemita. Soprattutto quelli della serie intitolata “L’ebreo internazionale. Il problema del mondo” che aveva propinato la tesi secondo la quale il popolo ebraico avrebbe perseguito, fin dagli albori del ‘900, il controllo globale sia sulla cultura che sulla finanza. Scritti poi ripresi, nel ’20, in quattro volumi, che avevano avuto una buona diffusione in Germania ed avevano pure influenzato la stesura del Mein Kampf.
Il canadese Max Wallace, storico dell’Olocausto e penna di pregio del quotidiano “The New York Times”, bollerà tale condizionamento ideologico, che aveva anche causato notevoli ripercussioni nel cosiddetto fascismo a stelle e strisce, come “L’asse americano”, dal titolo del suo libro “The American Axis: Ford, Lindbergh, and the Rise of the Third Reich”, che sarà edito da St. Martin’s Press di Manhattan nel 2003.