Liuzzi: «Sole, motori e musica. Vi racconto il mio mondo sempre a tutto gas»

L’ex pilota di F1: «Il Circus mi manca, ma che gioia fare il papà. Amo l’house e mi improvviso dj, che rabbia quel Gp d’Italia»

SAN GIOVANNI TEATINO. Un pilota perde un secondo a ogni figlio che gli nasce, disse Enzo Ferrari. Ma non ditelo a Tonio Liuzzi, pilota pescarese che ha aperto l’album dei ricordi in questa intervista rilasciata al Centro. Sole, uno scricciolo di appena un mese, ha stravolto la sua vita e quella di sua moglie, Francesca. L’odore dell’asfalto, il rombo del motore, il sudore nel casco e l’adrenalina a mille. «Fare il papà è bellissimo, emozione unica. Però, non smetto di correre. Vivo per la velocità». Parole e musica di uno che per anni ha fatto parte del Circusdella Formula uno.

Vitantonio Liuzzi al simulatore di Formula 1
L'ex pilota di Formula 1 Vitantonio Liuzzi si diverte al simulatore di gara che ha portato con sè nella sua nuova attività: il ristorante Penelope a Casa di San Giovanni Teatino (Chieti). L'ex pilota della Red Bull continua a vivere in velocità anche fuori dalle piste, e anche dopo la nascita della sua stupenda figlia Sole, avuta con la moglie Francesca insieme alla quale lavora. (video di Luigi Di Marzio)

Liuzzi, perché non ci sono più piloti italiani in F1?

«Il problema è che veniamo supportati poco e dai nostri sponsor e dalla Federazione e, anche, purtroppo, dalla Ferrari, che non prende piloti italiani».

Contento della sua carriera?

«Mi sono trovato spesso nel posto giusto nel momento sbagliato. Ho lavorato in team importanti, ma da “startupper”. La Red Bull era all'esordio, come Toro Rosso, Force India e Hrt. Tutte squadre agli inizi. Ho sempre dato una mano a sviluppare le vetture, poi, quando arrivavano soldi, io venivo messo da parte. La F1 è così. La maggior parte dei piloti hanno dei budget alle spalle incredibili. La mia F1 era diversa. Sono stato uno degli ultimi ad arrivare per meriti, mai portato soldi. Però mi manca tantissimo. Ti dà un’adrenalina imparagonabile».

Ora è più noiosa?

«Sicuramente a livello visivo, perché le gare sono cambiate nel format. Tutti i team soffrono per ottenere punti, che valgono parecchi soldini. Con l'avvento della tecnologia, tutto è più artificiale. I sorpassi il più delle volte avvengono in rettilineo. Per lo spettacolo sarebbe meglio tornare indietro, perché c'era più lotta tra i piloti».

Rimpianti in carriera?

«Ho vissuto ogni giorno come se fosse l'ultimo, sempre al massimo. Dovevo essere più politico, invece sono vero e sincero. Dico sempre quello che penso, ma in F1 serve essere anche lecchino. Se lo fossi stato, in situazioni particolari, sarei andato avanti. Dicevo quello che pensavo, anche nelle interviste, e alcuni team non volevano che io parlassi e cercavano di limitarmi. Forse, ero un personaggio scomodo e mi sarei potuto vendere meglio».

Ha mai sfiorato la firma per un team blasonato?

«Più di una volta. In Renault al posto di Kubica quando si è infortunato, ma anche ad Austin quando Raikkonen non si era presentato nel 2013 per dei problemi di salute. Nel 2005 avevo firmato un contratto con Sauber, ma poi Ecclestone mi fermò perché voleva nel Circus un pilota che avesse vinto un mondiale e tornò Villeneuve».

Il suo più grande amico in pista?

«Christian Klien, ai tempi della Red Bull».

Colleghi più antipatici o con i quali non ha istaurato grandi rapporti?

«Ralf Schumacher non era particolarmente simpatico, era un po' prima donna. Anche Hamilton è cambiato tantissimo, ora se la tira un po'».

Il Gp più bello?

«A Monza, nel 2009, con la Force India. Ero 2° a 20 giri dalla fine; poi si è rotta una rondella da 50 centesimi del cambio e vinse Hamilton. Quel risultato, forse, mi avrebbe cambiato la vita».

Chi vincerà il Mondiale?

«Hamilton. Ha la macchina più veloce, anche se la Ferrari nell'ultimo test ha fatto molto bene. A Melbourne, però, punto su Raikkonen».

Quanti punti ha sulla patente te?

(ride) «Tutti. In strada sono attento, non sono uno scalmanato. A 15 anni, però, senza patente, ho buttato giù il cancello di casa con la macchina di mio padre. Spericolato? Non faccio gare in strada, anche se qualcuno mi provoca… Al semaforo sa quante volte mi affiancano e mi dicono: "tiriamo?" In Germania, però, ho fatto una gara con una Mercedes simile alla mia. Tuttavia, in Italia non mi hanno mai fermato per eccesso di velocità. Poi, però, ogni tanto, alle rotonde di Sambuceto mi diverto…»

Musica e motori, le sue passioni.

«Mi piace suonare e fare il dj. Sono sempre stato appassionato di musica fin da bambino, per me la musica è benzina. Amo il rap, l'hip pop e, ora, molto la musica house, dopo che ho conosciuto amici dj di fama internazionale. Conosco tanti disk jockey, a Miami sono di casa e vado quando posso. Little Louie Vega (famoso dj newyorkese, ndr) è mio amico e viene spesso a trovarmi nel mio locale, Penelope a Mare».

Ecco, parliamo dei suoi locali notturni e non solo. Perché investire nel campo della ristorazione?

«Io e mia moglie, Francesca, siamo sempre stati appassionati del bello e mi reputo un vero esteta. Siamo sempre stati legati alla moda, abbiamo avuto anche un negozio. Oltre a ciò, ho sempre avuto una grande passione per Pescara e, nel 2013, dopo il matrimonio, abbiamo aperto Penelope a Mare, ovvero ristorante e stabilimento balneare».

Perché ha scelto Pescara?

«Perché per me è la città più bella del mondo. È la Miami d'Italia. Se solo fosse un po' più curata, seguita e pubblicizzata, probabilmente si avrebbe altra visibilità. Qui c'è tutto: mare, montagna e aeroporto. Penso che abbiamo delle potenzialità enormi, ma bisognerebbe migliorare le strutture».

C'è una canzone, un libro o un film che rispecchia la sua vita?

«”Vado al massimo” di Vasco potrebbe andare, ma il film in cui mi rivedo è "Point Break", specie in Keanu Reeves, che, in una scena, salta dall'aereo senza paracadute. Volevo farlo anch'io qualche tempo, ma mia moglie me lo ha proibito (ride, ndr)».

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