Masciarelli e la bicicletta da Palmiro a Lorenzo: una storia che continua

8 Febbraio 2023

Il nipote 19enne dell’ex professionista e storico gregario di Moser lascia il Belgio dopo un anno di cross e torna alle gare su strada 

SAN GIOVANNI TEATINO. Un emigrante di ritorno. Dall’Italia al Belgio e ora di nuovo Italia. San Giovanni Teatino per la precisione dove ha il quartier generale nonno Palmiro, una vecchia gloria del ciclismo anni Settanta-Ottanta. Lorenzo Masciarelli ha appena 19 anni e già tanto da raccontare. Figlio e nipote d’arte. Il nonno è stato per anni gregario di Moser, mentre il papà Simone è stato professionista al pari dei fratelli Andrea e Francesco. Una famiglia legata mani e piedi al ciclismo. Ora tocca a Lorenzo che ha ufficializzato il ritorno in Italia con il Team Colpack (Continental) dopo l’esperienza con il Team Pauwels. Ha vinto finora una cinquantina di corse nel suo cammino, tra strada e cross. Sì, perché la grande passione di Lorenzo Masciarelli è il ciclocross e per affinarla ha deciso di andare a vivere in Belgio, con la famiglia, da dove (a Oudenaarde, a qualche centinaio di metri dall’arrivo del Giro delle Fiandre) è tornato da quache settimana. Sì, ha deciso di mettere da parte il cross per puntare sulla strada.
Masciarelli, ha appena vinto la medaglia d’argento agli assoluti di cross under 23 di Ostia.
«Faceva parte di un progetto che ho portato a termine egregiamente. Ora si apre un’altra fase della mia carriera».
Sarebbe?
«Mi do un paio di anni per capire se ho un futuro in questo mondo. L’obiettivo è di fare un altro step. Di strappare un contratto con un team professional per fare le corse del World Tour. E per riuscirci devo vincere quante più gare possibile per attirare l’attenzione. Farò Giro d’Italia under 23, Giro della Valle d’Aosta e tutte quelle gare che possano esaltare le mie qualità».
Volendo riepilogare la sua breve carriera?
«Ho iniziato su strada e poi ho scelto di approfondire il cross. Ora torno a puntare sulla strada».
Tra strada e cross quali sono le differenze?
«In primis la durata delle gare. Quelle su strada durano tre-quattro ore di media. Quelle di cross un’oretta. E poi l’intensità: su strada puoi gestire l’andatura, nel cross devi andare al massimo senza risparmiarti mai».
Un anno in Belgio, parla fiammingo?
«Non molto, ma lo capisco. Mi facevo capire in inglese. E’ stata una bella esperienza formativa. Lì c’è la patria del ciclocross e il ciclismo è più considerato. Prima di stabilirmi in Belgio per un anno, già dal 2019 facevo sopra e sotto. Più di una volta mi è capitato di arrivare alle gare di ciclocross, prepararmi accanto a campioni come Iserbyt, che tra l’altro è stato anche mio compagno di squadra, e ricevere un’attenzione dai tifosi come se il fuoriclasse fossi io. Mai avrei pensato di ritrovarmi a firmare autografi ai bambini belgi».
Le sue caratteristiche?
«Mi esprimo meglio in salita. Le montagne mi affascinano e mi permettono di dare il meglio».
Che cosa le hanno trasmesso i parenti?
«La passione per le due ruote. Era inevitabile. Anche mio fratello Stefano, 16 anni, corre. Papà, nonno, gli zii: ho respirato ciclismo ovunque. Vivo con le due ruote. Ma non pensate che mi abbiano obbligato, la mia passione è nata spontaneamente. Proprio come il ciclocross, che mio padre praticava alternandolo alla strada. Mi sono detto: perché no, così d’inverno non rimango fermo e magari miglioro nella guida del mezzo. Col tempo è diventato qualcosa di più: io quando pedalo nel fango mi diverto, mi diverto da morire».
Qual è la gara dei sogni?
«Di sogni ne ho quanti ne vuoi. In futuro non mi dispiacerebbe diventare un uomo da grandi corse a tappe, il Giro e il Tour continuano a stuzzicarmi non poco».
A scuola?
«In Belgio stavo perfezionando il diploma da meccanico; ho frequentato una scuola superiore che dura sei anni in cui viene insegnato a diventare meccanico specializzato per bici e per lavorare poi nelle squadre del World Tour. Però non ci occupavamo solo di meccanica, ho studiato anche tutte le materie di cultura generale che ci sono in una qualunque scuola superiore, quindi lingue, matematica, storia e letteratura. Adesso devo commutare gli esami e sperare che me ne vengano riconosciuti il più possibile».
Quanto dedica al ciclismo?
«Di media faccio tre ore e mezza al giorno di allenamento. Mi piace Passo Lanciano, la zona di Lettomanoppello. Poi, il Passo San Leonardo. E quando voglio svolgere un programma più leggero vado sulla Costa dei Trabocchi. Paesaggi incantevoli. Non ci rendiamo conto di quanto siano belli».
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