Calcio

Massara: «Galeone? Quell’incredibile 4-5 contro il Milan di Capello è il manifesto del suo calcio»

6 Novembre 2025

Ricky Massara, ex attaccante del Pescara e oggi direttore sportivo della Roma, racconta il “Gale”: «Sempre sereno e pacato. Così la squadra giocava a sua immagine e somiglianza»

PESCARA. Passare alla storia per una partita persa: poteva succedere solo a Pescara. Solo a Giovanni Galeone. Frederic Ricky Massara ci pensa sempre. Negli occhi, i suoi e i nostri, c’è ancora quell’incredibile Pescara-Milan 4-5, 13 settembre 1992, seconda giornata della serie A 1992/1993, una settimana dopo aver sbancato l’Olimpico 0-1 con una punizione di Totò Nobile. Segnarono lui e Max Allegri, poi due autoreti di Franco Baresi. Prima della rimonta firmata da uno stratosferico Marco Van Basten.«Il paradosso è quello: ha regalato gioie immense, ha ottenuto due promozioni inaspettate e in un certo senso leggendarie, più una salvezza in serie A. Ma il simbolo del suo calcio resta una... sconfitta. È stato un allenatore offensivo, che ha fatto segnare alle sue squadre un calcio spettacolare, eppure la partita più emblematica che nessuno dimentica è quella: una sconfitta. Spettacolare, no? Affrontavamo un Milan invincibile, quello di Capello, che subiva pochissimi gol. Ma al 45’ ne aveva presi 4 a Pescara. Pazzesco. Quella domenica la ricorda tutto il calcio italiano, non solo chi era all’Adriatico», racconta al Centro l’ex attaccante del Delfino.

L’ex esterno del 4-3-3 galeoniano ancora oggi non riesce a mettere a fuoco quel momento: nell’estate del 1991, dopo aver passato quattro ottime stagioni tra C1 e C2 a Pavia, viene acquistato dal Pescara in serie B. A volerlo, era stato proprio Giovanni Galeone, che amava scandagliare le categorie inferiori e i campionati esteri a caccia di talenti ideonei alla sua filosofia calcistica da valorizzare. Ricky era uno di quelli. Educato, silenzioso, mingherlino. Ma esplosivo negli strappi e spesso letale come assistman o in zona gol. Oggi Massara, ai tempi osannato dalla curva nord con coro mai passato di moda (“Ricky Ricky Ricky vola, e la curva s’innamora...”), ha 57 anni ed è il direttore sportivo della Roma. La capacità di capire, leggere e costruire calcio - in parte - l’ha appresa dal Gale. Assente ieri a Udine perché impegnato nella trasferta di Europa League dei giallorossi a Glasgow, Massara ha voluto però ricordare la figura dell’allenatore che lo ha lanciato nel grande calcio, prima in B e poi in A. In biancazzurro 121 partite e 14 gol, con una promozione.

«Ho bei ricordi di quelle stagioni con lui: era un allenatore che trasmetteva serenità alla squadra. Una delle sue più grandi qualità. Un’altra dote straordinaria? Riusciva, nell’intervallo, con pochissime mosse, a cambiare l’andamento delle partite. Una chiarezza nell’esporre i problemi e cercare di risolverli che era davvero rara. Era sempre sereno, pacato. E grazie a questo la squadra giocava bene. Giocava un calcio a sua immagine e somiglianza. Voleva solo attaccare, non voleva che giocassimo mai la palla indietro».

Massara arrivò dalla C, ma ci mise pochissimo a diventare imprescindibile per il tecnico friulano, protagonista assoluto della promozione e dei momenti più belli della prima parte di stagione in serie A. «Con lui ho passato le mie migliori stagioni da calciatore. La mia carriera ha avuto un impulso molto positivo dopo aver lavorato con Galeone. Il suo calcio si prestava molto alle mie caratteristiche. Ecco, una sua dote era quella di sfruttare i suoi giocatori al meglio. Come mi ha scoperto in serie C a Pavia? Non l’ho mai saputo alla fine...».

Il Gale ha formato generazioni intere di professionisti del calcio, e l’attuale ds della Roma (e prima del Milan scudettato di Pioli) è uno di questi discepoli del Profeta: «Ha valorizzato tantissimi giovani calciatori e ha ispirato tanti di noi che poi sono diventati allenatori: è stato un maestro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA