Banda di spacciatori minorenni a Teramo: due genitori indagati per spaccio

Mamma e papà accusati di aver fatto consegne per conto del figlio coinvolto nella maxi inchiesta. Dopo la richiesta di misure cautelari interrogati 8 dei 10 giovanissimi che usavano le chat criptate
TERAMO. Gli atti giudiziari, oggi più che mai, sono finestre aperte su spaccati di società che molte volte raccontano meglio di saggi sociologici. Perché soprattutto le Procure per i minorenni sono un faro acceso su dinamiche criminali sempre più impattanti. Come in questo caso.
Nella nuova maxi inchiesta con dieci giovanissimi teramani – tutti di età compresa tra i 16 e 17 anni indagati per traffico di grossi quantitativi di hascisc e marijuana – ci sono due genitori accusati di spacciare insieme al figlio minorenne. Papà e mamma in più occasioni avrebbero collaborato con il ragazzo per fare consegne al dettaglio ma anche di ingenti quantitativi di stupefacente. La loro posizione è stata stralciata dal fascicolo aperto all’Aquila e trasmesso per competenza alla Procura teramana.
E ieri, così come previsto dalla riforma Nordio, davanti ai giudici dell’Aquila si sono svolti gli interrogatori di otto dei dieci indagati per cui la Procura per i minorenni ha chiesto misure cautelari. Solo dopo gli interrogatori i giudici decideranno se accogliere o meno le richieste della Procura.
Secondo l’accusa ipotizzata nell’inchiesta (fascicolo del procuratore per i minorenni David Mancini e indagini delegate ai carabinieri di Teramo) i dieci gestivano un maxi spaccio di droga «all’interno del circuito cittadino teramano e spesso in prossimità di istituti scolastici» si evidenzia in uno dei decreti delle perquisizioni fatte nei giorni scorsi e nell’ambito delle quali uno dei 17enni indagati è stato arrestato dopo essere stato trovato in possesso di un chilo e mezzo di hascisc e di cocaina.
«Ciascuno degli indagati», così uno dei passaggi del decreto di perquisizione, «pur se con modalità e intensità diverse, è dedito stabilmente a tale illecita attività fonte di rilevanti guadagni e di elevato allarme sociale, proprio in ragione della minore età di molti dei fruitori, nonché cessionari finali». Secondo una prima ricostruzione il gruppo manteneva i contatti, attraverso telefonini o tablet, su delle piattaforme caratterizzate da un particolare, cioè molto alto, livello di criptazione dei messaggi con il chiaro intento di evitare intercettazioni o altro. Proprio utilizzando questi sistemi si scambiavano informazioni sul traffico di considerevoli quantitativi di sostanza stupefacente – si parla di chili di hascisc – da far arrivare sul mercato teramano. Messaggi su piattaforme criptate, dunque, per organizzare spostamenti di sostanze, modalità di consegna e appuntamenti.
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