Busta alla droga, overdose in cella

Spalma eroina nella lettera spedita all'amica detenuta a Castrogno

TERAMO. Droga in carcere all'amica detenuta, eroina spalmata su una lettera spedita a Castrogno che provoca una overdose in carcere. Un anno dopo arriva il processo con il rito abbreviato e la condanna, in primo grado, a tre anni.

Per Manuela Delle Grotti, 38 anni, romana, incensurata, il pm di anni ne aveva chiesti sei. Al termine dell'udienza preliminare con il rito abbreviato il giudice Marina Tommolini ha condannato la donna a tre anni e al pagamento di 15mila euro di multa. L'accusa è cessione di sostanze stupefacenti aggravata dal fatto che è avvenuta in un carcere.

La difesa della donna, che ha sempre respinto le accuse, ha annunciato un ricorso. Secondo l'avvocato Elvira Nadia La Rocca «l'unica prova esistente è la versione fornita dalla detenuta. La lettera con la presunta sostanza non è mai stata trovata». Di diverso avviso investigatori e inquirenti secondo cui ad inviare la lettera spalmata di eroina sarebbe stata proprio la 38enne. L'inchiesta, aperta dal pm Bruno Auriemma, risale all'anno scorso, quando in procura arrivò la segnalazione di un caso di overdose in carcere. Una detenuta si era sentita male in cella dopo aver assunto della sostanza stupefacente.

«Un miscuglio di droga e pasticche tranquillanti ridotte in polvere» accertò all'epoca il medico legale. L'esame specifico della sostanza, inoltre, stabilì la presenza di un principio attivo molto alto che avrebbe potuto provocare anche la morte della donna. La detenuta, che venne salvata grazie all'intervento degli agenti di polizia penitenziaria, confessò agli agenti che la droga gli era stata inviata per posta, in una lettera spedita dall'amica che avrebbe spalmato l'eroina sul foglio con una particolare tecnica, riuscendo così a sfuggire anche ai serrati controlli che quotidianamente vengono fatti sulla corrispondenza che entra nel penitenziario di Castrogno.

Immediatamente scattarono gli accertamenti, anche se quella missiva non fu mai trovata. Sembra, infatti, che dopo aver recuperato lo stupefacente la detenuta l'abbia buttata nello scarico del bagno. Gli accertamenti furono fatti dagli agenti della polizia penitenziaria, che dopo aver sentito la detenuta teramana raccolsero anche la testimonianza dell'amica romana. Quest'ultima ha sempre negato di aver inviato la droga in carcere, sostenendo di aver solo scritto una lettera alla sua amica. Di diverso avviso gli investigatori e gli inquirenti che, al termine dell'indagine, hanno chiesto il rinvio a giudizio. Sulla vicenda interviene il Sappe, il sindacato degli agenti di polizia penitenziaria.

«La polizia penitenziaria», dice il segretario provinciale Giuseppe Pallini, «nonostante la carenza di personale in questa vicenda ha dimostrato la sua validità in due momenti: quando ha salvato la donna dall'overdose e nelle successive indagini fatte per fare chiarezza sull'accaduto».

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