Castelli, una centrale a biomasse è prevista a due passi dal Parco

L’impianto sorgerebbe anche a cento metri dalla Lazzaroni e a 200 dal Prosciuttificio del Gran Sasso Nasce un comitato di protesta: «Inquinerà aria, acqua e suolo senza alcun beneficio per la collettività»

CASTELLI. Una centrale a biomasse a pochi metri da due fra le principali aziende alimentari dell’intera provincia, la Lazzaroni e il Prosciuttificio del Gran Sasso. E, come se non bastasse, vicina alla riserva naturalistica di Fiume Fiumetto. Per dirla tutta, anche a due passi dal confine del parco Gran Sasso- Laga.

L’impianto è ufficialmente nel territorio comunale di Castelli, ma nei fatti all’intersezione anche dei territori di Colledara, Isola del Gran Sasso e Castel Castagna. In sostanza con due delibere consiliari - l’ultima è del 22 aprile- il Comune di Castelli ha autorizzato la costruzione a Corazzano di una centrale che dovrebbe bruciare cippato legnoso - scaglie residuo del taglio della legna - per produrre energia elettrica.

La realizzazione della centrale a biomasse da parte della società Coan Ekoenergy di Castelnuovo Vomano ha suscitato parecchio malcontento fra la popolazione. Non a caso l’ultima delibera in consiglio è stata approvata solo dal sindaco Enzo De Rosa e dai tre assessori, mentre gli altri componenti si sono astenuti o hanno votato contro. Non solo: si è costituito un comitato civico - che sta aderendo al comitato intercomunale “Terra nostra” - che sta organizzando una petizione per chiedere la revoca di entrambe le delibere.

«Dicono che si tratta di un’operazione che non inquinerà», osserva Ludovica Di Simone, del comitato, «ma la centrale produrrà polveri fini ed ultrafini, monossido di carbonio, ossidi di zolfo, ossidi di azoto, ammoniaca, carbonio e residui di combustione costituiti da ceneri, condensato di idrocarburi, catrame e carbonio, con inquinamento dell’aria e del suolo. Molte di queste informazioni le leggiamo nella relazione tecnica presentata dalla stessa ditta. Noi in più ci stiamo documentando per verificare se ci possa essere anche l’emissione di diossina. In più si deve calcolare l’inquinamento derivante dal via vai dei camion che porteranno il cippato, che non viene assolutamente prodotto nelle nostre zone, e porteranno via le ceneri. Tutto questo avviene in una zona agricola, vicino a importanti industrie alimentari, aziende di prodotti biologici e un agriturismo. Verranno cioè messe a rischio decine di posti di lavoro, mentre l’impianto creerà - a quanto stimato dagli stessi promotori - da due a quattro posti».

In effetti la centrale sorgerà a cento metri dalla Lazzaroni, dove lavorano più di 60 persone, recentemente acquisita dall’imprenditore chietino Domenico Iannamico che sta facendo importanti investimenti sullo stabilimento, e a 200 dal prosciuttificio, che ha da poco messo in cassa integrazione fino ad agosto l’ottantina di dipendenti. «Rischiamo di perdere posti di lavoro e di pregiudicare il turismo in aree di grande pregio naturalistico per che cosa? Non ci saranno nemmeno ritorni per la comunità locale», conclude Di Simone.

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