Condannato a 6 mesi senza saperlo

Il caso di un giovane teramano finito in ospedale per un Tso e processato

TERAMO. E' stato condannato a sei mesi per danneggiamento, ma lui non ha mai saputo di essere finito a processo. Ora, dopo che la sentenza è passata in giudicato, sta scontando la pena con l'affidamento in prova ai servizi sociali, ma per due anni nessuno lo ha informato di quello che gli stava accadendo. Non ha mai saputo che il 3 giugno del 2009 i giudici lo hanno condannato. Non ha mai potuto difendersi. Non ha mai potuto fare appello. Il suo avvocato ha chiesto al tribunale di Teramo di sospendere l'esecuzione della sentenza.

Quando nel dicembre del 2007 l'uomo, un teramano di 33 anni, venne fermato dalla polizia e portato nel reparto di psichiatria per un Tso non era in grado capire quello che stava succedendo. «Episodio d'agitazione psico motoria dopo assunzione di alcol con danneggiamenti in strada e casa con amnesia dell'accaduto», si legge nel referto di allora. Nel verbale della polizia la dichiarazione: «eleggo il mio domicilio legale presso lo studio del difensore d'ufficio che mi assegnerete».

In calce la scritta degli agenti: «Si rifiuta di firmare ma accetta copia». L'uomo, in quel momento, non si rendeva conto di nulla. «Non si riesce a comprendere», scrive l'avvocato Vincenzo Di Nanna nel ricorso, «come sia stato possibile attribuire la paternità di tale dichiarazione ad una persona in uno stato di totale confusione mentale. Peraltro anche una persona sobria, e comunque nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali, non renderebbe mai una dichiarazione così indeterminata, generica e priva di senso quale quella d'elezione di domicilio nello studio legale di uno sconosciuto.

Se è vero poi che è stata diagnosticata un'amnesia non si comprende come il ricorrente potesse mai ricordarsi di tale dichiarazione, ammesso sia stata mai resa». Secondo il difensore «la scelta di un'elezione di domicilio allo studio del difensore «che mi assegnerete» potrebbe essere scaturita dall'impossibilità di dialogare con il ricorrente per il quale fu proposto un trattamento sanitario obbligatorio. L'atto de quo deve ritenersi inesistente poichè in alcun modo riferibile ad una manifestazione di volontà dell'indagato che non è stato neppure in grado di sottosvrivere il verbale».

Per il legale, dunque, tutte le notifiche fatte al domicilio del difensore d'ufficio devono essere considerate nulle: da quella dell'avviso di conclusione delle indagini a quello della sentenza passata in giudicato. «E' solo il caso di precisare», dice Di Nanna, «che se almeno una di queste notifiche avesse realmente edotto l'accusato dell'esistenza del processo a suo carico costui avrebbe potuto difendersi».

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