Corona: darò i libri, ma solo a Ponziani

Terza puntata della polemica sulla mancata donazione di alcuni libri-gioiello alla biblioteca di Teramo
TERAMO. Terza puntata della polemica lanciata sulle pagine del Centro da Fernando Corona, il teramano a capo della storica casa editrice Vallecchi. Corona ha accusato l'assessore regionale alla cultura Mauro Di Dalmazio di troppe promesse mancate e scarso sostegno, annunciando che per questo non avrebbe più donato alla biblioteca Dèlfico di Teramo, tramite la Regione, alcuni preziosi libri di epoca futurista. Di Dalmazio ha replicato: io ho fatto tutto quello che potevo, le accuse sono gratuite e comunque non capisco perché questa ripicca sulla donazione. Corona controreplica in modo ironico confermando che, se donerà i libri, lo farà solo direttamente al direttore della Dèlfico, Gigi Ponziani.
«Carissimo Assessore, vengo con questa mia ad esprimerVi tutto il mio dispiacere per averVi fatto arrabbiare. Chiedo umilmente scusa a Vossia. Voi avete tante cose da fare e Vi siete disturbato a replicare all'intervista che ho rilasciato al Centro a proposito della mia mancata donazione alla Biblioteca Provinciale Melchiorre Dèlfico.
«Continuo con questa mia a dirVi che ho peccato di superbia, tutta la prima parte della Vostra risposta è vera: sono uno qualunquista, spocchioso, e ammetto di provare invidia per i politici affermati. Io da giovane ho soltanto attaccato i manifesti elettorali e fatto qualche comizio ma quello che in realtà volevo era diventare assessore. Ecco da dove deriva tutta la mia acredine. Vossia mi permetterà di raccontarVI un episodio. Quando lessi il mio primo libro avevo più di vent'anni. Non riuscivo a capirlo: c'erano troppi nomi. Mia madre, mossa a compassione, mi disse di lasciar perdere. Era l'elenco telefonico.
Invece, la ricostruzione che Vossia fa della vicenda legata al libro "Gli artigli dell'Aquila" è al contrario ampiamente inesatta; la cosa è comprensibile, Vossia è molto impegnato e non può ricordarsi tutto. Io Vi chiesi solo il patrocinio dell'Assessorato, è stato Vossia ad avere l'idea della donazione all'Università, del Comitato di garanti, della grande presentazione all'Aquila, coinvolgendo il Sindaco, le istituzioni bancarie e via dicendo. Anzi, nella Vostra generosa euforia, calcolaste che di quel libro se ne sarebbero potute vendere 40-50mila copie. Forse il Vostro collaboratore dottor Camaione, che fu presente all'incontro, potrà aiutarVi a ricordare. Queste iniziative dovevano concretizzarsi a Vostro dire entro l'ottobre del 2009, in concomitanza con l'uscita del volume in libreria. Conservo a tal proposito mail e lettere.
«Neanche per quanto riguarda l'acquisto di copie da parte del Vostro Assessorato Vi chiesi nulla: l'idea fu di Vossia, anzi aggiungeste: «Lo annuncerò durante la presentazione, così gli altri non potranno tirarsi indietro». La presentazione fu fatta appena otto mesi dopo, quando il volume non era più in libreria e l'effetto ormai svanito. Ma non importa: l'essenziale è che ci sia stata.
«Conservo un Vostro sms del gennaio 2010, che conteneva le testuali parole: «So di essere in difetto. Abbi fede». E mi invitaste a cena al mio primo rientro a Teramo. A quel messaggio, stupito e arrogante, risposi: «Qui non si tratta di cene: hai promesso tante cose, nessuna fatta». In difetto Vossia? Ma quando mai! Vi chiedo scusa oggi, se mi permisi di darVi del tu.
Il primo incontro con il Rettore dell'Università, che concordaste con Fabrizio Paladini, saltò perché mi rifiutai di partecipare dicendo che Voi non c'entravate niente, visto che niente avevate fatto. Ma, misericordioso come siete, mi chiamaste per un secondo incontro: le Vostre parole mi convinsero e accettai. Torno con questa mia a chiedere il Vostro perdono per la mia supponenza. Ricordo che quando uscimmo dalla stanza del Rettore Vi dissi: «Sai che di te non mi fido. Non fregarmi un'altra volta». Vossia non meritava tanta ingratitudine e volgarità.
«Ma veniamo alla donazione alla Biblioteca Dèlfico, che come ho già detto durante l'intervista sono pronto a fare in qualsiasi momento, basta che la delega sia fatta al Direttore. Il motivo l'ho spiegato fin dall'inizio: sono invidioso dei politici. Mi appello alla bontà di Vossia per essere perdonato e avere la Vostra benedizione. La faccia mia sotto i piedi Vostri».
«Carissimo Assessore, vengo con questa mia ad esprimerVi tutto il mio dispiacere per averVi fatto arrabbiare. Chiedo umilmente scusa a Vossia. Voi avete tante cose da fare e Vi siete disturbato a replicare all'intervista che ho rilasciato al Centro a proposito della mia mancata donazione alla Biblioteca Provinciale Melchiorre Dèlfico.
«Continuo con questa mia a dirVi che ho peccato di superbia, tutta la prima parte della Vostra risposta è vera: sono uno qualunquista, spocchioso, e ammetto di provare invidia per i politici affermati. Io da giovane ho soltanto attaccato i manifesti elettorali e fatto qualche comizio ma quello che in realtà volevo era diventare assessore. Ecco da dove deriva tutta la mia acredine. Vossia mi permetterà di raccontarVI un episodio. Quando lessi il mio primo libro avevo più di vent'anni. Non riuscivo a capirlo: c'erano troppi nomi. Mia madre, mossa a compassione, mi disse di lasciar perdere. Era l'elenco telefonico.
Invece, la ricostruzione che Vossia fa della vicenda legata al libro "Gli artigli dell'Aquila" è al contrario ampiamente inesatta; la cosa è comprensibile, Vossia è molto impegnato e non può ricordarsi tutto. Io Vi chiesi solo il patrocinio dell'Assessorato, è stato Vossia ad avere l'idea della donazione all'Università, del Comitato di garanti, della grande presentazione all'Aquila, coinvolgendo il Sindaco, le istituzioni bancarie e via dicendo. Anzi, nella Vostra generosa euforia, calcolaste che di quel libro se ne sarebbero potute vendere 40-50mila copie. Forse il Vostro collaboratore dottor Camaione, che fu presente all'incontro, potrà aiutarVi a ricordare. Queste iniziative dovevano concretizzarsi a Vostro dire entro l'ottobre del 2009, in concomitanza con l'uscita del volume in libreria. Conservo a tal proposito mail e lettere.
«Neanche per quanto riguarda l'acquisto di copie da parte del Vostro Assessorato Vi chiesi nulla: l'idea fu di Vossia, anzi aggiungeste: «Lo annuncerò durante la presentazione, così gli altri non potranno tirarsi indietro». La presentazione fu fatta appena otto mesi dopo, quando il volume non era più in libreria e l'effetto ormai svanito. Ma non importa: l'essenziale è che ci sia stata.
«Conservo un Vostro sms del gennaio 2010, che conteneva le testuali parole: «So di essere in difetto. Abbi fede». E mi invitaste a cena al mio primo rientro a Teramo. A quel messaggio, stupito e arrogante, risposi: «Qui non si tratta di cene: hai promesso tante cose, nessuna fatta». In difetto Vossia? Ma quando mai! Vi chiedo scusa oggi, se mi permisi di darVi del tu.
Il primo incontro con il Rettore dell'Università, che concordaste con Fabrizio Paladini, saltò perché mi rifiutai di partecipare dicendo che Voi non c'entravate niente, visto che niente avevate fatto. Ma, misericordioso come siete, mi chiamaste per un secondo incontro: le Vostre parole mi convinsero e accettai. Torno con questa mia a chiedere il Vostro perdono per la mia supponenza. Ricordo che quando uscimmo dalla stanza del Rettore Vi dissi: «Sai che di te non mi fido. Non fregarmi un'altra volta». Vossia non meritava tanta ingratitudine e volgarità.
«Ma veniamo alla donazione alla Biblioteca Dèlfico, che come ho già detto durante l'intervista sono pronto a fare in qualsiasi momento, basta che la delega sia fatta al Direttore. Il motivo l'ho spiegato fin dall'inizio: sono invidioso dei politici. Mi appello alla bontà di Vossia per essere perdonato e avere la Vostra benedizione. La faccia mia sotto i piedi Vostri».
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