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Crac Curti-Di Pietro, il pm: condannate a 3 anni Tancredi

Il commercialista è accusato di concorso in bancarotta, al processo chiesti 25 anni complessivi di carcere per i sette imputati

TERAMO. Al pm Irene Scordamaglia servono cinque ore per inanellare una requisitoria di duecento pagine, ricostruire i passaggi di una eclatante bancarotta e ancorare a massime di Cassazione una richiesta complessiva di 25 anni di carcere per i sette imputati del processo bis per il crac Curti-Di Pietro. Tra questi c’è il commercialista Carmine Tancredi, socio di studio dell’ex governatore Gianni Chiodi (del tutto estraneo alla vicenda) per cui la pubblica accusa chiede tre anni per concorso in bancarotta.

Tancredi è imputato nella sua veste di consulente degli imprenditori Guido Curti e Maurizio Di Pietro, già condannati in primo grado a sei anni per concorso in bancarotta e in questo procedimento imputati di reati fiscali. Per Curti il pm ha chiesto 3 anni e 6 mesi, mentre per Di Pietro 4 anni. Nel processo ci sono altri quattro imputati, tutti nella loro veste di amministratori delle varie società: si tratta di Antonio Zacchei, per cui il pm ha chiesto 4 anni e 6 mesi; Marco Paolo Di Anastasio, per cui sono stati chiesti 4 anni; Luciano Seghetti, per cui sono stati chiesti 2 anni e Loredana Cacciatore per cui sono stati chiesti tre anni.

Nelle duecento pagine di requisitoria il pm ipotizza per Tancredi un ruolo ben definito in quell’insieme di società che, secondo l’accusa, avrebbero avuto il solo fine di svuotare dei soldi le varie aziende di volta in volta fallite.

Dice la Scordamaglia: «Il commercialista Tancredi non si limitò a dare consigli e suggerimenti, sia pure deontologicamente scorretti, ai suoi clienti su come celare ai creditori ed ai terzi l’ammontare e la provenienza delle loro provviste di denaro contante, ma pose in essere tutta una serie di attività materiali per agevolarli nel loro proposito di sottrarre ai creditori tali provviste frutto del latrocinio perpetrato ai danni di Dft ed indirettamente di Sirius, tanto che senza il suo fattivo apporto professionale ed operativo tale proposito illecito non avrebbe potuto trovare concreta realizzazione». E sottolinea il pm: «Egli, infatti, aveva accompagnato Maurizio Di Pietro a Lugano e l’aveva presentato alla Colombo fiduciaria, società di gestione di mandati fiduciari, che senza la sua intermediazione Maurizio Di Pietro non avrebbe giammai potuto avvicinare allo scopo di ottenerne i servigi».

La procura contesta al commercialista il ruolo avuto nelle società cipriote, sodalizi che controllavano al 99% la Kappa Immobiliare e la De Immobiliare Srl che avevano sede legale nello studio commerciale di Tancredi e che, al termine dell’altro processo di primo grado, sono state confiscate dal tribunale perchè, secondo la procura, sono il forziere dei soldi distratti da Curti e Di Pietro con la bancarotta. «Il commercialista Tancredi», dice a questo proposito il pm nella sua requisitoria, «si era reso disponibile a domiciliare nel suo studio le due società partecipate dalle società fiduciarie estere e vi aveva tenuto le rispettive contabilità senza pretendere, almeno fino alle metà del 2011, alcun compenso. Aveva rappresentato sia nella costituzione sia nell’autorizzazione dei singoli acquisti immobiliari il 99% delle quote detenute dalle società fiduciarie estere riconducibili a Maurizio Di Pietro e Guido Curti». E sono queste le condizioni che per il pm «riconducono la condotta dell’imputato nella fattispecie del concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale».

L’udienza di ieri si è conclusa con le arringhe delle parti civili che rappresentano tre delle società finite nel crac. Il 29 gennaio si torna davanti al collegio (presidente Franco Tetto , a latere Sergio Umbriano e Enrico Pompei) per le prime arringhe dei difensori.

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