Crac Di Pietro, le parti civili chiedono danni per 25 milioni

I legali delle tre società fallite accusano: grossi capitali spariti anche per la contabilità inesistente Il processo è alle battute finali, tra una settimana le arringhe della difesa dei tre accusati

TERAMO. E’ nella morte di società «sacrificate sull’altare fallimentare di una operazione molto più ampia» che le parti civili affondano la richiesta di 25 milioni di danni.

Nel processo in corso per il crac Di Pietro-Curti la seconda udienza post istruttoria è riservata ai legali che rappresentano tre delle quattro società fallite e che il collegio ha ammesso come parti civili. Dopo la requisitoria del pm Irene Scordamaglia, che ha chiesto 24 anni di carcere per i tre imputati di bancarotta Maurizio e Nicolino Di Pietro e Guido Curti, tocca a loro ricostruire lo scenario della maxi bancarotta che nel gennaio del 2010 portò all’arresto degli imprenditori teramani. «Ricostruzione difficile», sottolinea più volte in una dettagliata arringa l’avvocato Fabrizio Silvani parte civile per la Sirius, «anche e soprattutto dall’assenza di contabilità che non è mai stata trovata». Va ricordato, a questo proposito, che secondo gli amministratori della società la contabilità del periodo compreso tra il 2001 e il 2006 sarebbe stata rubata mentre si trovava su un furgone. Episodio per cui esiste una denuncia. Ma è nell’accusa di distrazione diretta dalle casse della Sirius che il legale concentra la sua attenzione quando ricostruisce la vita e il declino della Sirius, gli spostamenti di capitali e mezzi. Chiede un risarcimento danni di 19 milioni di euro (cioè la somma del passivo fallimentare) e una provvisionale immediatamente esecutiva di due milioni e mezzo di euro. Non esita a definire la Dft Grafiche, un’altra delle società fallite, «una cartiera di fatture per operazioni inesistenti» l’avvocato Danilo Gimminiani, legale di parte civile in rappresentanza di questa società. E anche lui nella sua arringa parla «di chiara gestione delle società da parte di Maurizio Di Pietro e Guido Curti». Gimminiani chiede un risarcimento danni di 4 milioni di euro (la somma del passivo fallimentare della società) e si rimette alla corte per la quantificazione della provvisionale immediamente esecutiva. Si associa alla richiesta del pm nel chiedere la confisca delle quote della De Immobiliare e Kappa Immobiliare, controllate al 99% dalle società cipriote che per l’accusa erano le tappe finali dei soldi provenienti dalle società fallite e fatti transitare su conti esteri. Tocca all’avvocato Alessia Moscardelli, parte civile per conto della società Lgm costruzioni, chiudere le arringhe. Lo fa circostanziando date e fatti, ricostruendo tutti i passaggi che hanno portato alla morte della società con un passivo fallimentare di un milione e 400mila euro. Anche in questo caso la richiesta di danni è alta, con una provvisionale immediatamente esecutiva di due milioni. Si torna in aula lunedì con la difesa degli imputati.

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