D’Alberto: «Teramo è un modello Così si vince anche alle regionali» 

Il sindaco confermato rilancia il progetto politico che unisce partiti del centrosinistra e forze civiche: «Abbiamo realizzato il campo largo vincente, un laboratorio di dialogo che è cresciuto in cinque anni»

TERAMO . Teramo «laboratorio politico innovativo» che, forte anche del risultato delle elezioni, finisce sotto la lente di ingrandimento di realtà extra provinciali. Così a dieci giorni dal voto il confermato sindaco Gianguido D’Alberto vede la sua “creatura”: quel progetto partito nel 2018 e cresciuto nel corso di cinque anni di amministrazione mettendo in dialogo forze civiche e partiti di ispirazione di centrosinistra. A giorni, appena sarà composta la nuova giunta, si aprirà concretamente il D’Alberto-bis.
Sindaco, un nuovo inizio con una coalizione allargata rispetto alla precedente. Che amministrazione sarà?
«Più che di inizio parlerei di prosecuzione, di continuità di un progetto partito cinque anni fa come laboratorio civico che subito ha inteso mettersi in dialogo con le forze politiche. Il nostro è un civismo che mai è stato neutro ma sempre politicamente caratterizzato. Questo ha dato un’impronta di chiarezza. Quello che chiamo “laboratorio politico Teramo” è un progetto di dialogo che rappresenta un unicum perché nel corso di cinque anni è cresciuto. Non si è affievolito, né chiuso in se stesso, ma si è ampliato sia sul fronte dei partiti che del civismo. Nel 2018 il Pd era già in questo percorso, ora c’è anche il Movimento Cinque stelle. Anche il fronte civico, con “Bella Teramo” di Giovanni Cavallari e “In Comune per te” del presidente della provincia Camillo D’Angelo, si è ulteriormente esteso: segno che la strada intrapresa, dove il cittadino è al centro e il confronto costante, è giusta».
In più occasioni ha definito il “laboratorio Teramo” come riferimento extra provinciale. È un osservato speciale in vista delle elezioni regionali?
«Il dialogo che abbiamo creato fra le forze civiche e partitiche e l'esito delle elezioni hanno di alzato l’attenzione su questo hub politico a livello regionale e non solo. A livello nazionale si discute di “campo largo”, ma a Teramo lo abbiamo già fatto e proseguiamo su una strada che può essere intrapresa anche a livello superiore».
Un laboratorio esportabile in Regione, ad esempio?
«I modelli non possono essere replicati tal quali in realtà diverse, né possono essere calati dall’alto. Ed è questo anche che caratterizza il laboratorio Teramo: non è stato calato dall’alto, ma è frutto di una costruzione. Perciò penso che per la Regione o altre realtà possa fungere da ispirazione perché l’esito delle urne non è solo una questione amministrativa, ma è un risultato politico».
Il dialogo fra forze civiche e partiti però non ha funzionato nel caso del centrodestra teramano, uscito sconfitto dalle urne.
«Perché non vi è stata alcuna progettualità né in termini di proposta per la città, né in termini di coalizione: centrodestra e civici che hanno corso alle elezioni si sono aggregati all’ultimo minuto solo per fini elettorali. Noi siamo altro».
Lei si sente il collante di questa realtà civico-partitica?
«Mi sento più una guida che coordina, responsabile di un percorso che guarda al futuro. Amministrare non è semplice, ma ora ciascuno è chiamato a mostrare massima maturità, come già fatto».
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