TERAMO

Droga nelle parti intime e nella borsa 5 telefonini da far entrare in carcere

La donna, un'italiana di 28 anni, cerca di far arrivare lo stupefacente e i cellulari al convivente recluso, un magrebino di 24 anni, ma viene fermata. Lui reagisce aggredendo i poliziotti

TERAMO. Tenta di far entrare telefonini e droga in carcere ma viene scoperta dalla polizia penitenziaria. Una donna italiana di 28 anni, M.G., nasconde nelle parti intime 30 grammi di cocaina e 10 grammi di hascish e nella borsa cinque telefonini destinati al convivente recluso, un magrebino di 24 anni, H.A., che venuto a conoscenza del fermo della compagna, devasta diversi arredi della sezione detentiva e cerca di aggredire gli agenti. 

Sull'ennesimo problema all'interno del carcere di Castrogno, interviene il Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) con il segretario provinciale Giuseppe Pallini.

"La Polizia penitenziaria di Teramo diretta dal dirigente Livio Recchiuti, ha sventato l’ennesimo tentativo di far entrare in carcere droga e telefonini, bloccando un familiare di un detenuto prima dell’ingresso ai colloqui. La donna aveva nascosto nelle parti intime un’ingente quantitativo di sostanza stupefacente da destinare al convivente recluso, questo però non ha evitato che ai controlli venisse scoperta e tratta in stato di fermo e denunciata all’autorità giudiziaria".

"Di seguito", continua il Sappe, "esteso la perquisizione anche nel cassetto deposito oggetti in uso alla signora, venivano rinvenuti cinque telefoni cellulari di cui tre micro e un smartwatch, tre schede telefoniche e altra sostanza stupefacente, circa 20 di hascish. Il compagno recluso, venuto a conoscenza del fermo, per completare l’opera devastava diversi arredi della sezione detentiva e cercando di aggredire gli agenti, anch’esso veniva denunciato all’autorità giudiziaria per i reati di danneggiamento, resistenza e violenza a pubblico ufficiale". 

E non è finita qui: "Nei giorni successivi", fa sapere il sindacato, "a seguito di un’operazione investigativa e di osservazione veniva rinvenuto altro telefonino (micro) cellulare all’interno della cella di un detenuto italiano D.A., nascosto nell’involucro di un deodorante, l’apparecchio veniva sequestrato e il detenuto denunciato".

Il Sappe, torna a sollecitare interventi urgenti da parte delle istituzioni: “Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni, assegnare unità cinofile in ogni istituto di pena e non solo a livello regionale e soprattutto dotare la polizia penitenziaria della pistola “taser” per bloccare i detenuti facinorosi ed evitare che questi distruggono gli arredi e aggrediscono operatori penitenziari e compagni. Nonostante la previsione di reato prevista dall’art. 391 ter del Codice penale per l’ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni; il fenomeno non sembra ancora attenuarsi".