Esplosione mortale a Caprafico: Di Blasio chiede di patteggiare
Il titolare della ditta di fuochi d’artificio accusato di omicidio colposo dopo l’incidente dell’anno scorso La vittima aveva 62 anni e stava operando in un’area esterna, un altro lavoratore rimase ferito
TERAMO. La Procura chiede il processo, la difesa deposita una richiesta di patteggiamento. Un anno e mezzo dopo l’esplosione mortale nella ditta di fuochi d’artificio di Caprafico, le fasi del procedimento giudiziario per omicidio colposo scandiscono un ulteriore passaggio dopo la tragedia sul lavoro con un operaio rimasto ucciso e un altro ferito. A chiedere il rito alternativo del patteggiamento è stato l’imprenditore Elio Di Blasio (assistito dall’avvocato Nello Di Sabatino) indagato nella sua veste di titolare della ditta. L’udienza davanti al gup è fissata per dicembre.
A fare da colonna portante alla maxi inchiesta del sostituto procuratore Stefano Giovagnoni (che ha chiesto il rinvio a giudizio) c’è soprattutto la consulenza redatta dal perito balistico Paride Minervini che, per conto della Procura, ha ricostruito nei dettagli la causa dell’esplosione in cui nel febbraio dell’anno scorso perse la vita il 62enne dipendente della ditta Dino Trignani, di Bisenti, e un altro dipendente rimase ferito. Secondo il consulente il giorno della tragedia entrambi avevano ricevuto la direttiva di distruggere un quantitativo di miscela pirica in un appezzamento di terreno agricolo che si trova vicino all’azienda e che viene chiamato “campo prove”. Un “campo prove”, sostiene la Procura, che sarebbe stato privo di autorizzazioni allo svolgimento di attività con polveri piriche ed esplosivi. In quell’occasione, e per portare a termine l’operazione di distruzione, la vittima avrebbe rovesciato sul terreno la miscela pirica contenuta in un bidone creando in questo modo una linea di lunghezza di quasi cinque metri e accendendo la miccia che si trovava all’ estremità. In questo modo sarebbe stata provocata la combustione della polvere per tutta la lunghezza della linea. Successivamente il dipendente avrebbe rovesciato la polvere pirica contenuta in un secondo recipiente proprio nel punto in cui erano presenti delle braci conseguenza della prima combustione che avrebbe innescato la polvere pirica facendola esplodere. Il consulente lo definisce il fenomeno del “fuoco morto”. Trignani morì sul colpo mentre l’altro dipendente, che si trovava in un punto distante, rimase ferito con una prognosi superiore a quaranta giorni.
Nel fascicolo, oltre a Di Blasio, è indagato anche il figlio Massimiliano nella sua qualità di datore di lavoro di fatto che, secondo la Procura, avrebbe fornito le direttive operative ai dipendenti. I n questo caso, sostiene sempre la Procura, due dipendenti, vittima e ferito, che non avrebbero avuto la competenza tecnica e la formazione obbligatoria per svolgere determinati compiti con materiale esplosivo. La Procura, inoltre, accusa gli indagati di aver assegnato ai due compiti riguardanti la manipolazione, l’uso e la lavorazione di materiale esplosivo senza che avessero le qualifiche specifiche, la competenza tecnica e la formazione obbligatoria in materia di sicurezza. Nei mesi scorsi nella ditta di Caprafico, per cui la prefettura ha revocato i decreti di autorizzazione, c’è stato un sopralluogo della polizia olandese che indaga sulla commercializzazione di botti chiamati Cobra. Accusa respinta dalla proprietà che si è difesa sostenendo che i suoi prodotti sono stati contraffatti all’estero.
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