24 giugno

Oggi, ma nel 1943, a Roma, in Campidoglio, Giovanni Gentile, senatore del regno, esponente di spicco del regime mussoliniano, teneva il Discorso agli italiani, su proposta di Carlo Scorza, ultimo segretario del Partito nazionale fascista, in carica dal 19 aprile precedente, esortando la popolazione all’unità nazionale in quel difficile momento bellico.
«[…]. Oggi, italiani, siamo al punto. Oggi come non mai, da che siamo risorti a stato e abbiamo detto: “Ci siamo”, gli occhi dello straniero sono sopra di noi. Non basta che il nostro esercito, la nostra marina, la nostra aviazione abbiano fatto prodigi di valore; il nemico, che ha assaporato l’amarissimo gusto delle disfatte, si è rovesciato con tutto il peso immane delle sue macchine brute sopra questa più debole parte del fronte avversario tenuto da noi; ha fatto scempio delle nostre città; ha incrudelito contro i domestici focolari, sopra le nostre donne, i nostri vecchi, le nostre tenere creature: ha sperato, presume di fiaccarci e piegarci col terrore e l’orrore di un flagello, che assume proporzioni d’uno di quei flagelli che si scatenano dalla natura e innanzi ai quali l’uomo fugge esterrefatto, quando non sia sterminato».
L’episodio (nella foto, particolare, tratta dal volume biografico di Vittorio Vettori "Giovanni Gentile" che sarà pubblicato dalla Editrice italiana di Roma nel 1967) segnava drasticamente l’ultima fase della vita dell’intellettuale che, tra una polemica e una disputa filosofica, spesso ingaggiata col pensatore antifascista Benedetto Croce da Pescasseroli, aveva segnato dispute non solo politiche. L’adesione alla Repubblica sociale italiana, che avverrà il 17 novembre di quel 1943, comporterà la sua fine violenta.
Nello stesso novembre diverrà presidente della reale accademia d’Italia, istituzione capitolina di alta cultura che aveva assorbito patrimonio e soci dell’Accademia dei Lincei per via della legge 755 dell’8 giugno 1939. Il 15 aprile dell’anno successivo, 1944, verrà assassinato con colpi di rivoltella sparati al petto verosimilmente da Bruno Fanciullacci, uno dei partigiani fiorentini aderenti ai Gap, d’ispirazione comunista, sulla soglia della sua residenza a Firenze. Il controverso omicidio spaccherà il fronte dei combattenti per la Liberazione e rimarrà un delitto con non pochi aspetti oscuri.