Evasione fiscale, 6 condanne a Teramo Fatture false per 30 milioni di euro

Il giudice: 2 anni e 4 mesi all’imprenditore teramano Di Bernardo, stessa pena per l’ex carabiniere Piscella. Cade la truffa

TERAMO. Condanne per sei imputati su 12, il principale imputato assolto per 11 dei 15 capi d’accusa che gravavano su di lui, la prescrizione che ha spazzato via nove capi d’imputazione. La sentenza emessa ieri dal giudice monocratico Roberto Veneziano ridimensiona, anche se certamente non demolisce, l’inchiesta su un’evasione fiscale da trenta milioni di euro, secondo i pm e la guardia di finanza realizzata attraverso un giro di false fatturazioni, che nel 2009 portò all’arresto dell’imprenditore teramano Bruno Di Bernardo, 51 anni.

Di Bernardo (difeso da Fabrizio Acronzio), che l’accusa riteneva l’amministratore di fatto di tutte e dieci le società coinvolte nell’indagine, è stato condannato a due anni e quattro mesi per quattro capi d’accusa e assolto per non aver commesso il fatto per dieci capi. In sintesi, il giudice lo ha riconosciuto amministratore di fatto di una sola delle società, la Vincent Group. La stessa condanna – due anni e quattro mesi – è stata inflitta all’ex carabiniere Angelo Piscella, 59 anni, condannato per cinque capi e assolto per uno per non aver commesso il fatto. Un anno e otto mesi (pena sospesa e non menzione) per Gabriella Toth, 42 anni, assolta da un capo per non aver commesso il fatto, e John Verdecchia, 41 anni; un anno e sei mesi (pena sospesa e non menzione) per Marco Paolo Di Anastasio, 53 anni; un anno per Emilio D’Egidio, 48 anni. Ai condannati è stata inflitta la pena accessoria dell’interdizione dalle commissioni tributarie. Dall’accusa di evasione fiscale sono stati assolti Paolo Dari, 30 anni, perché il fatto non costituisce reato, Gabriele Di Sante, Enio Fazzini, Giuseppe Cesaroni e Peter Kozar perché il fatto non sussiste.

A tre imputati – Di Anastasio, Piscella e Antonio Zacchei, 58 anni – era contestata anche la truffa aggravata ai danni dello Stato, accusa dalla quale sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste. Il giudice Veneziano ha inoltre sancito il non doversi procedere per intervenuta prescrizione per nove capi d’imputazione che riguardavano tutti gli imputati.

Le violazioni delle leggi finanziarie, secondo l’accusa, sono state commesse tra il 2004 e il 2007. Secondo investigatori e inquirenti, attraverso un giro di compravendite immobiliari fittizie Di Bernardo e soci avrebbero evaso somme per circa trenta milioni di euro. L'indagine era nata da alcune fatture sospette trovate in una società perquisita nell' ambito di un’altra inchiesta, che aveva portato al sequestro di 32 abitazioni ad Alba Adriatica. Si era così arrivati a un’azienda teramana che aveva emesso diverse fatture per operazioni commerciali risultate fittizie. L'inchiesta si era poi allargata ad altre società – del settore immobiliare ma anche operanti nella vendita di prodotti di pulizia – che, pur risultando avere sede legale in altre regioni (Lazio, Marche e Piemonte), di fatto operavano nell'hinterland teramano. Secondo l’accusa il sistema di frode al fisco era basato su un giro di fatturazioni false relative, principalmente, a simulate compravendite immobiliari. Le operazioni, secondo l'accusa, erano tutte prive di un effettivo contenuto economico: un mero schermo finalizzato solo a nascondere la maxi evasione di imposta. Non per tutti gli episodi e per tutti gli imputati, però, l’impianto accusatorio ha retto in aula.(d.v.)

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