Furti e truffe con oli usati, cinque arresti

7 Maggio 2014

Mosciano, sequestrata l’Adriatica Ambiente: i carabinieri del Nucleo ecologico la tenevano d’occhio da tre anni

MOSCIANO. Avevano messo su un sistema per far soldi rubando oli vegetali esausti. Sono stati tenuti sotto controllo per due anni e mezzo dai carabinieri del Noe, agli ordini del capitano Fiorindo Basilico. Fino agli arresti del titolare della Adriatica Ambiente di Mosciano, Carlo Benincaso, 43 anni, di origine campana ma residente a Giulianova, della moglie Anna Milone, 41 anni, collaboratrice dell'azienda, e dei dipendenti Luca Ansidei, 40 anni di Giulianova, Franco Costanzo, 60 anni di Notaresco, Massimo Aquilano, 44 anni di Ortona (gli ultimi quattro sono ai domiciliari). L’impianto di stoccaggio rifiuti di contrada Rovano è stato posto sotto sequestro.

L'operazione è stata eseguita con il concorso dei carabinieri di Teramo e Chieti, in esecuzione di un provvedimento del gip del tribunale dell'Aquila, Giuseppe Romano Gargarella, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica della Direzione distrettuale antimafia, David Mancini. L'attività investigativa del Noe è iniziata nel giugno 2011 dopo una serie di segnalazioni di aziende concorrenti alla Adriatica Ambiente, due delle Marche, una di Teramo e una dell’Aquila, ma anche dopo una serie di denunce di ristoratori che segnalavano effrazioni e furti di olio usato da smaltire, sia in Abruzzo che nelle Marche.

Tra i reati contestati, l'associazione per delinquere per commettere una serie di reati in materia di rifiuti e contro il patrimonio ai danni di aziende concorrenti, ma anche la truffa, il furto e il traffico illecito di rifiuti. In sostanza, secondo l’accusa, i cinque si erano spinti fino a rubare l’olio dalle campane per la raccolta, sistemate da alcuni Comuni lungo le strade. E anche ad andare dai ristoratori, che avevano convenzioni per lo smaltimento con altre ditte, e a ritirare l’olio facendo credere loro di essere operatori della concorrenza. In alcuni casi sono state segnalate anche vere e proprie effrazioni nei locali pubblici. Si stima che le attività degli arrestati abbiano causato alle ditte che ricevevano a dir poco una concorrenza sleale, una perdita economica annuale di almeno 200mila euro, in termini di minori quantità di rifiuto raccolto (che veniva pagato 150 euro a tonnellata). L’olio esausto infatti viene venduto ad aziende specializzate che lo recuperano per la produzione di carburante biodiesel. Secondo le accuse, gli autisti delle ditte concorrenti venivano pedinati, per rubare loro le chiavi dei mezzi, oppure le gomme dei mezzi venivano danneggiate.

Singolare invece il fatto che durante alcune perquisizioni nell'azienda incriminata e in occasione di un arresto in flagranza di uno dei dipendenti, avvenuto a Pescara nel gennaio 2013, sono state sequestrate dal Noe alcune agende sulle quali gli arrestati annotavano, con sigle convenzionali, i luoghi dove venivano commessi i furti e la mancata redazione dei relativi documenti ambientali. Ciò ha permesso agli investigatori di trovare un'ulteriore conferma di luoghi e date in cui si sono svolti i reati. Molti controlli sono stati fatti anche con il Gps per individuare dove fossero i camion nelle date segnate.

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