Il pm: «Quei soldi erano per i terroristi» 

Confermate le accuse per 12 indagati tra cui un ex imam di Martinsicuro e un imprenditore tunisino residente ad Alba

TERAMO. Un voluminoso avviso di conclusione delle indagini a confermare nero su bianco le accuse della Procura: reati fiscali commessi per creare fondi neri destinati a finanziare il terrorismo radicale islamico di “Al-Nusra”. A tre mesi dalla maxi operazione con sedici indagati tra tunisini e italiani, di cui dieci arrestati, la Distrettuale antimafia dell’Aquila (David Mancini il pm titolare del fascicolo) chiude le indagini puntellando l’impianto accusatorio. In mezzo il provvedimento con cui il tribunale del Riesame, accogliendo i ricorsi della difesa, due settimane dopo gli arresti ha scarcerati tutti.
Accuse confermate per la maggior parte degli indagati, a cominciare dall’imam Atef Argoubi (per un periodo a Martinsicuro) e dall’imprenditore Jameleddine Brahim Kharroubi, il 57enne imprenditore tunisino residente a Torino ma di fatto domiciliato ad Alba Adriatica, considerata una delle figure chiave dell’inchiesta. Con loro altri nomi tra cui anche quello di una commercialista di Torino. Un gruppo che, secondo l’accusa, da Alba e Martinsicuro si muoveva in tutto il mondo per finanziare il terrorismo radicale islamico di “Al-Nusra”, attivo nella guerra in Siria. Per la Procura Kharroubi avrebbe sostenuto economicamente imam di ispirazione radicale in Italia e in altri Paesi. Nell’arco degli anni, ricostruisce il voluminoso avviso di conclusione, avrebbe avuto contatti con diversi imam coinvolti in inchieste per terrorismo. Con quello di Aversa Yacine Gasri, condannato in via definitiva a 4 anni e 9 mesi per associazione con finalità di terrorismo (incontro che secondo l’autorità giudiziaria sarebbe avvenuto nella moschea di Martinsicuro). Con quello di Bari Said Ayub Salahdin, il cui nome è finito in un’inchiesta di terrorismo internazionale e con quello che nell’ordinanza di custodia cautelare viene definito «l’influente» imam Omrane Adouni a cui, sostiene sempre l’accusa, Kharroubi avrebbe versato costantemente somme di denaro e dal quale avrebbe ottenuto, così si legge nella stessa ordinanza, «informazioni di prima mano sulla situazione siriana e sulle operazioni di guerriglia». E con quest’ultimo, in una intercettazione del 2018, discuteva delle modalità e dei soldi necessari per far entrare combattenti in Siria. Secondo la ricostruzione di investigatori e inquirenti negli ultimi anni avrebbe fatto arrivare una somma di due milioni di euro provenienti da un giro di false fatturazioni ed evasione fiscale proveniente dalle sue imprese edili e di commercializzazione di tappeti.
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