L’imam dal giudice nega le accuse «Con il terrorismo non c’entro» 

Inchiesta sui fondi all’Islam radicale, interrogato l’ex guida spirituale della moschea di Martinsicuro  Questa mattina a Torino in programma gli interrogatori di garanzia per gli altri nove arrestati

TERAMO. «Con il terrorismo io non c’entro»: l’imam risponde al giudice e nega ogni coinvolgimento. I primi interrogatori di garanzia scandiscono la maxi inchiesta sul terrorismo islamico della Procura distrettuale antimafia dell’Aquila che nei giorni scorsi ha portato a dieci arresti tra la Val Vibrata e Torino. Secondo l’accusa i dieci attraverso giri di fatturazioni false di alcune società avrebbero creato fondi neri per finanziare attività riconducibili all'organizzazione radicale islamica “Al-Nusra»”.
Ieri mattina nel carcere ascolano di Marino del Tronto è stato interrogato per rogatoria Atef Argoubi, tunisino residente a Castorano, ex imam di Martinsicuro. L’uomo è comparso davanti al gip Annalisa Giusti assistito dal suo avvocato Felice Franchi. «L'imam è stato arrestato per fatturazioni nell'ambito della sua attività lavorativa che per l'accusa sarebbero inesistenti e non per fatti legati al terrorismo con il quale non ha assolutamente nulla a che fare» ha detto l’avvocato Franchi, «il mio assistito ha risposto alle domande del giudice e mi riservo di chiedere nei prossimi giorni l'attenuazione della misura». Le ordinanze di custodia cautelare emesse del gip dell'Aquila Romano Gargarella a seguito delle indagini della Dda (il pm David Mancini titolare del fascicolo) hanno raggiunto otto persone di origine tunisina e due italiani, tra cui una commercialista di Torino.
E questa mattina nel carcere di Torino, sempre per rogatoria, sono in programma gli interrogatori di garanzia degli altri arrestati tra cui Jameleddine Brahim Kharroubi, il 57enne imprenditore tunisino residente nella città piemontese ma nei fatti domiciliato ad Alba Adriatica, assistito dall’avvocato Gabriele Rapali. L’uomo potrebbe avvalersi della facoltà di non rispondere.
Secondo l’accusa Kharroubi è una delle figure chiavi dell’inchiesta. Per la Procura sostenenva economicamente imam di ispirazione radicale in Italia e in altri Paesi. Nell’arco degli anni avrebbe avuto contatti con diversi imam coinvolti in inchieste per terrorismo. Con quello di Aversa Yacine Gasri, condannato in via definitiva a 4 anni e 9 mesi per associazione con finalità di terrorismo(incontro avvenuto nella moschea di Martinsicuro). Con quello di Bari Said Ayub Salahdin, il cui nome è finito in un inchiesta di terrorismo internazionale e con quello che nell’ordinanza viene definito «l’influente» imam Omrane Adouni a cui, sostiene sempre l’accusa, Kharroubi versava costantemente somme di denaro e dal quale otteneva, così si legge nell’ordinanza, «informazioni di prima mano sulla situazione siriana e sulle operazioni di guerriglia». E con quest’ultimo, in una intercettazione del 2018, discuteva delle modalità e dei soldi necessari per far entrare combattenti in Siria.
Secondo la ricostruzione di investigatori e inquirenti negli ultimi anni avrebbe fatto arrivare una somma complessiva di due milioni di euro.(d.p.)
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