L’appello dell’Ucraina distrutta: «Abruzzo, aiutaci a ricostruire»

12 Novembre 2025

A Silvi l’incontro con gli amministratori dello Stato invaso: «Combattiamo. Non scordatevi di noi». La sindaca di Zaporizhzhia: « Per la maggior parte del tempo viviamo senza luce elettrica»

SILVI. «Sono la sindaca di Zaporizhzhia, in Ucraina. Su 700mila abitanti, 156mila sono sfollati interni. Come viviamo? Spesso, senza luce elettrica». Testimonianze di uno squarcio di una realtà non troppo distante, di vite che sembrano opposte alle nostre ma che scorrono vicino a noi. E che sono arrivate fino all’Heritage hotel di Silvi per raccontarsi. È qui che si svolge il Forum internazionale Abruzzo-Ucraina. Il tema dell’incontro è scritto nel filo rosso che lega la storia recente della regione al presente del Paese assediato. Perché c’è un prima e un dopo in ogni catastrofe, che sia naturale o prodotta dall’uomo, una cesura storica che marca indelebilmente la linea del tempo di chi vive un disastro sulla propria pelle. Il prima è la normalità, il dopo è la ricostruzione; nel mezzo, c’è la gestione dell’emergenza. Ed è su quest’ultimo punto che l’Ucraina guarda all’Abruzzo come modello da cui apprendere.

Un legame, quello con il Paese invaso, stretto fin dai giorni immediatamente successivi all’attacco russo del 24 febbraio 2022, quando la regione fu tra le prime a ospitare i rifugiati ucraini in fuga dalla guerra (oggi sono circa 10mila), e poi rafforzato lo scorso marzo, con la firma del protocollo di collaborazione tra il presidente Marco Marsilio e il capo dell’amministrazione militare regionale di Sumy (al confine con la Russia, tra i più esposti ai bombardamenti), Volodymyr Artiukh. Nella sala conferenze dell’Heritage, questa amicizia fa un altro passo in avanti. Di fronte agli italiani presenti, tra cui alcuni sindaci e, in rappresentanza della Regione, il capo di gabinetto di Marsilio Stefano Cianciotta e il sottosegretario con delega al Turismo Daniele D’Amario, ci sono gli amministratori ucraini che qui portano la propria testimonianza. Storie di vite spezzate, di città rase al suolo ma che hanno ancora bisogno di essere governate. L’Abruzzo è pronto ad aiutarli.

All’evento, organizzato dall’associazione Gioia e patrocinato dal Comune di Silvi, avrebbe dovuto partecipare anche una delegazione della regione di Dnipropetrovs’k. Il tema che da affrontare: la ricostruzione materiale del Paese. I bombardamenti, però, li hanno costretti a fermarsi a metà del loro viaggio verso l’Abruzzo e a fare dietrofront. «Non potevano lasciare i propri cittadini soli», spiega l’interprete ucraina. Cianciotta omaggia il loro coraggio e sottolinea l’impegno della Regione «per la ricostruzione materiale dell’Ucraina», sottolineando la partecipazione del presidente Marsilio all’iniziativa organizzata lo scorso maggio a Verona con più di 50 sindaci ucraini e il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Già in quella sede il governatore, ricorda il capo di gabinetto «aveva portato avanti un altro tema importante: la gestione delle emergenze.

In questo campo, nostro malgrado, soprattutto dopo il terremoto dell’Aquila abbiamo acquisito un patrimonio notevole». In termini concreti, significa tutto il lavoro «fatto in quegli anni dalla Protezione civile» e quello, immediatamente successivo, «di ricostruzione della governance locale. L’Ucraina ha una classe dirigente da ricostruire e noi siamo pronti a mettere a disposizione tutte le nostre risorse per aiutarli». Gli fa eco il sottosegretario D’Amario: «Tenendo a mente le debite proporzioni tra quello che è successo in Abruzzo e la guerra in corso in Ucraina», dice, «la nostra regione può rappresentare un modello. Anche noi abbiamo dovuto gestire un’emergenza e ci siamo dovuti riorganizzare di conseguenza».

Per una parte di amministrazione pubblica da ricostruire, ce n’è un’altra che è sopravvissuta ai bombardamenti e che qui racconta la propria storia. Una è quella di Rehina Kharchenko. Lei ha poco più di quarant’anni, capelli corvini e tratti del viso eleganti. Quando prende il microfono in mano, però, si percepisce il peso di questi 3 anni e mezzo di guerra: «Sono la sindaca di Zaporizhzhia», spiega. «Su 700mila abitanti, 156mila sono sfollati interni. Tutti sono stanchi della guerra in Ucraina, tranne gli stessi ucraini. Nonostante l’assenza di luce elettrica e tutti i problemi, noi resistiamo». Parla in ucraino, ma si capisce dalla voce rotta che il passaggio è drammatico: «Vi auguriamo di non vivere mai quello che stiamo passando noi, di non vivere mai la guerra. Speriamo che i vostri figli, alzando lo sguardo, vedano un cielo di pace e non di bombe, come i nostri».

Il momento è toccante. Dalla sala si levano gli applausi. La traduttrice non si trattiene, anche lei scoppia in lacrime. «Vengo da lì, so bene di cosa sta parlando, scusatemi», dice commossa. La sindaca la stringe in un abbraccio. Come lei, altri politici ucraini prendono la parola e raccontano di allarmi antiaerei, di giornate intere passate in bunker senza luce elettrica. Nel piccolo Comune di Sychanske, nella parte Est del Paese, spiega uno di questi amministratori, hanno creato delle scuole nei rifugi sotterranei, per provare a regalare ai bambini almeno «una parvenza di normalità». Voci, visi, storie che si susseguono, tutti diversi, eppure uguali. Come la fine dei loro discorsi, sempre identica: «Non scordatevi di noi».

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