Mancini: nessun inciucio politico 

Il nuovo presidente della Fondazione Tercas parla della sua elezione e delle sue idee per la gestione

TERAMO. Nessun inciucio né manovra politica. È il senso del messaggio lanciato dal nuovo presidente della Fondazione Tercas Gianfranco Macini a poche ore dal voto del consiglio d’indirizzo che l’ha chiamato a sostituire Enrica Salvatore. Si è trattato di un avvicendamento a maggioranza, con cinque componenti dell’organismo schierati con il rappresentante della Camera di commercio, da oltre vent’anni alla guida di Consorform, e quattro che avrebbero confermato l’uscente.
«Nell’interesse dell’istituzione e del territorio», premette Mancini, «non posso avallare la rappresentazione che è stata fatta della vicenda». La sua designazione non sarebbe conseguenza di un gioco di potere. «Si è trattato di un normale avvicendamento, deciso dai rappresentanti dei vari enti pubblici che sono espressione del territorio», tiene a chiarire il presidente, «alla scadenza del mandato si è formata una nuova maggioranza per una svolta non contrapposizione con il passato ma che lanci un segnale al territorio: si può fare qualcosa di diverso». Il primo obiettivo di Macini è dunque di stemperare il clima pesante che, secondo lui, non tanto la situazione effettiva quanto le indiscrezioni hanno creato intorno alla Fondazione. «Questa vicenda va vissuta in maniera serena e tranquilla», sottolinea, «per ricomporre i rapporti anche rispetto agli interventi esterni di cui si è favoleggiato». Il riferimento è alla matrice politica di centrodestra dell’operazione, fatta risalire alla regia di Paolo Tancredi e Paolo Gatti, che l’ha portato alla presidenza. «Nessun componente del consiglio di indirizzo è persona influenzabile», fa notare, «nel mio caso specifico, poi, mi sono sentito di assumere un incarico gravoso per assicurare all’ente un periodo di serenità e soddisfare l’esigenza di rinnovamento».
Il presidente parla di «spirito di servizio» e per fugare ulteriormente i dubbi sulla natura della sua elezione spiega che va considerata una «designazione tecnica, in quanto rappresento la Camera di commercio che non è un organo politico». Mancini resterà in carica per un anno, fino alla scadenza del mandato del consiglio d’indirizzo: «Sarà un mandato breve, ma in cui cercheremo d’impostare il lavoro sul massimo impegno per il territorio, che soffre tante difficoltà». L’approccio è prudente. «Sono in Fondazione da nove anni, ma non mai ricoperto cariche amministrative», chiarisce Macini, «ho bisogno di un po’ di tempo per approfondire i meccanismi di gestione». Sarebbe dannoso affidarsi a «ricette affrettate o superficiali», eludendo una verifica preventiva sulle possibili linee operative.
«La Fondazione non è più quella di una volta», osserva, «il rendimento del patrimonio, intaccato dal crac Tercas, è inferiore ad anni fa». Vanno rifatti i conti insomma, a cominciare da quelli delle spese di gestione. «Vanno contenute al massimo», conferma Mancini, «perché, senza contestare nulla al passato, sono rimaste le stesse di quando la Fondazione aveva un’altra situazione». Quel che c’è bisogna investirlo sul territorio. «Dare il massimo delle risorse a Teramo e alla sua provincia», conclude, «è l’impegno per il quale spenderò il mio mandato».
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