Aziende e banche raggirate in tutt’Italia di un milione di euro, scoperti duecento casi

Maxi truffa, in 4 nei guai

Commercialista condannato, gli altri a giudizio

TERAMO. Una condanna e tre rinvii a giudizio per la mega truffa da un milione di euro scoperta dalla guardia di finanza. Il commercialista di Alba Adriatica Danilo D'Ambrosio, 45 anni, è stato condannato a due anni, un mese e 10 giorni (due anni di libertà vigilata) per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e falso in bilancio. La sentenza del gup Marina Tommolini è arrivata ieri sera al termine del rito abbreviato chiesto dal professionista (difeso dall'avvocato Guglielmo Marconi).

Il pm Bruno Auriemma aveva chiesto un anno ed otto mesi. Oltre ai due anni, il commercialista è stato condannato a due mesi di interdizione e ad un anno di divieto di contrattazione della pubblica amministrazione. Sono stati rinviati a giudizio (processo a gennaio 2012) l'imprenditore Giovanni Neroni, di Martinsicuro, (difeso dall'avvocato Massimo Di Bonaventura del foro di Fermo) e ritenuto dagli investigatori la mente dell'operazione, Luciano Rosa Salsano, 47 anni di Reggio Emilia, e Giuseppe Di Bella, di Trapani.

Sono imputati per associazione a delinquere, truffa, falsificazione di documenti, reati tributari e falso in bilancio. L'anno scorso finirono in carcere (Neroni dopo un breve periodo di latitanza), al termine di un'operazione del comando provinciale della Finanza. Secondo l'accusa con certificazioni false avrebbero truffato istituti di crediti e altre aziende in Italia e all'estero. Circa duecento le vittime. Le indagini erano partite da una verifica incrociata di alcuni dati finanziari: così le Fiamme gialle avevano scoperto l'esistenza di una società con un attivo di bilancio di 18 milioni di euro. Nel corso dell'attività investigative erano stati fatti sequestri di documenti in Abruzzo, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia, Lazio, Marche e Sicilia.

Per l'accusa il gruppo, dopo aver individuato sul mercato e rilevato un'azienda di Villa Rosa inattiva dal 2003 operante nel settore della fabbricazione di articoli di pelletteria, l'avrebbe riattivata e, con una serie di operazioni del tutto fittizie, si sarebbe presentato ad istituti di credito e partner commerciali esibendo attivi di bilancio costituiti da crediti e possidenze per 10 milioni di euro non corrispondenti al vero. Un sistema grazie al quale avrebbero ottenuto finanziamenti dalle banche e forniture di merce che sistematicamente non venivano pagate. Le somme venivano erogate portando allo sconto fatture rivelatesi poi fittizie, in quanto relative ad operazioni commerciali inesistenti.

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