Militare teramano ucciso dal cancro dopo una missione: la famiglia chiede i danni

Muore a 38 anni dopo una missione di pace all’estero, ricorso al ministero della Difesa: è colpa delle sostanze tossiche

TERAMO. Quella di Antonio è la storia di una fine e di un inizio che si incrociano. La fine di un militare che a 38 anni muore ucciso da un cancro devastante insorto dopo una missione di pace all’estero e la nascita del suo terzo figlio che non conoscerà mai il padre. Nel Paese in cui dal 2000 ad oggi ben tre commissioni d’inchiesta hanno cercato, invano, di spiegare perchè decine di militari sono morti di tumore e quali siano i collegamenti con sostanze tossiche come mercurio, piombo e uranio impoverito, oggi la sua famiglia chiede un risarcimento danni al ministero della Difesa «perchè lui ha sempre creduto nello Stato e con orgoglio ha indossato la divisa, ma la sua malattia è stata sicuramente causata da sostanze maneggiate durante la carriera militare».

Antonio Di Giangiacomo era di Sant’Egidio alla Vibrata. Dal 1992 al 1994 è stato caporal maggiore nel terzo reggimento artiglieri della Brigata alpina Julia. E con questo grado per due mesi, da febbraio ad aprile del 1994, è stato in Mozambico con la missione di pace Albatros, il contingente italiano di caschi blu che all’epoca faceva parte della forza internazionale che aveva il compito di sorvegliare la pace stipulata tra il governo di Chissano e i guerriglieri della Remnamo di Dhalakama. Il 21 aprile del 1994 è stato congedato dopo un primo ricovero all’ospedale militare di Padova. Per Antonio è l’inizio della fine. Spiega l’avvocato Florindo Tribotti che assiste la vedova e i tre figli del militare: «Gli viene diagnosticato un cancro alla tiroide per cui viene operato. Ma siamo appena all’inizio di una travagliata vicenda umana. Perchè successivamente insorgeranno altre forme tumorali con una recidiva di metastasi che nel dicembre del 2012 lo porterà alla morte». Ad alimentare le certezze della famiglia sul collegamento tra la morte e le sostanze maneggiate durante la missione militare, ci sono dei referti medici dell’ospedale di Ancona (dove l’uomo è stato seguito e dove è morto per un tumore al fegato) che evidenziano una situazione difficile da spiegare: perchè dal 1994 al 2012 Antonio entra ed esce continuamente dall’ospedale per combattere l’aggressione del male. «Nella stessa relazione medica», spiega ancora l’avvocato Tribotti, «gli esperti non riescono a dare una spiegazione se non mettendola in collegamento con l’attività militare». Le commissioni d’inchiesta che si sono susseguite dal 2000 al 2013 hanno concluso che esiste una pularità di fattori che concorrono alla nascita delle malattie dei soldati, escludendo un nesso stretto e dimostrabile tra queste e l’uranio. Oggi la famiglia di Antonio chiede chiarezza. «Perchè», conclude Tribotti, «da quando Antonio ha indossato la divisa, portata sempre con orgoglio, è iniziata la sua fine come uomo».

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