Nascosero inglesi in fuga: è ancora viva dopo 81 anni la memoria di quel gesto

La famiglia Calandrelli è rimasta in contatto con i due soldati aiutati nel 1943 e poi con i discendenti. Ogni settembre una visita alla grotta dove si nascosero
CROGNALETO. Il muretto di pietre dalle forme irregolari staziona all’ingresso della grande grotta rocciosa coprendone quasi del tutto il pertugio per entrarvi; accanto si percepisce lo scroscio del vicino torrente e intorno il silenzio del bosco incontaminato sopra Cesacastina di Crognaleto. Non è cambiato nulla nel posto dove ottantuno anni fa Albert Allan e Leonard Thearle, due soldati inglesi in fuga dalle forze nazifasciste, trovarono riparo per lunghi mesi, ma soprattutto salvezza, grazie all’aiuto coraggioso dei fratelli Elia e Fioravante Calandrelli e delle loro giovani figlie Irma, Argia, Lola e Licia. Una storia testimone di come, tra le brutture della guerra, ha trionfato lo spirito di solidarietà e umanità. Una storia che ogni anno, in una sorta di rito, viene commemorata dai nipoti dei fratelli Calandrelli in visita alla grotta. Anche i figli di Albert Allan hanno voluto ringraziare di persona, giunti qualche anno fa a Cesacastina dall’Inghilterra, la famiglia di chi salvò il padre.
IL RACCONTO DELLA NIPOTE
«Nel settembre del 1943 mio nonno Elia, che stava lavorando nel bosco, s’imbattè in due militari inglesi in fuga», racconta Milva Calandrelli, «probabilmente erano evasi dal campo di prigionia di Villa Ripa e non è escluso che volessero raggiungere il Ceppo, dove si stava organizzando un raggruppamento partigiano animato dalla cooperazione solidale tra italiani, inglesi, americani e slavi che fu protagonista dello scontro di Bosco Martese. I due erano stanchi, affamati, ma soprattutto impauriti e sospettosi dell’uomo che avevano davanti. Ma ben presto intuirono che si erano imbattuti in un boscaiolo e contadino che non sapeva leggere e scrivere, non conosceva una parola di inglese, ma era un tenace e convinto antifascista. Nonno riuscì a rassicurarli a gesti», prosegue, «e appena scese le tenebre li accompagnò in una grotta ben mimetizzata nel bosco, che divenne il loro rifugio sicuro». La generosità di Elia, condivisa dal fratello Fioravante, prevalse sulla paura di essere scoperti e fucilati. Ma come raggiungere la grotta senza destare sospetti? Furono, così, incaricate le figlie adolescenti dei due fratelli, che accolsero il compito di portare a mangiare ai soldati con determinazione e senza paura. «La nostra era una famiglia numerosa: il nonno era uno di dodici figli, tra cui tre al fronte», dice ancora Milva, «la fame era tanta, il cibo poco, ma riuscirono a dividerlo con Albert e Leonard al quale le zie, con la scusa di andare a lavare i panni al fiume, portavano qualche patata, un po’ di pane o del latte, senza conoscere la posizione esatta della grotta. I militari inglesi le attendevano nascosti tra i cespugli e quando le vedevano arrivare con passo svelto, ma silenzioso, lanciavano un fischio. Loro poggiavano la scodella con le vivande che trasportavano ben nascoste sotto i panni sporchi in un punto preciso tra la vegetazione e poi passavano a riprenderla al ritorno dal bucato». Il timore che i due militari non avrebbero superato il gelido inverno portò Elia e Fioravante a compiere l’azzardo di trasferirli in paese, nascondendoli in un pagliaio, ma la notizia si diffuse e iniziò la “caccia agli inglesi” con i rastrellamenti dei tedeschi nelle case. «Per fortuna che i tempi stavano cambiando», aggiunge Milva, «nonno con l’aiuto di alcuni abitanti di Cesacastina aprì le stalle e fece uscire gli animali in strada: in quel marasma la colonna dei tedeschi arrivata in paese entrò in confusione e i due inglesi riuscirono a fuggire senza poter ringraziare i due boscaioli, ma portandoli nel cuore».
UN LEGAME RIMASTO VIVO
Albert e Leonard finita la guerra tornarono a casa nel Kent, ma il loro legame con i Calandrelli è rimasto sempre vivo, tanto da definirsi “fratelli lontani” legati non dal sangue, ma da un’immensa gratitudine. Sentimento dimostrato anche da un ringraziamento ufficiale arrivato ai Calandrelli attraverso un documento delle Forze armate birtanniche, ma soprattutto da un contatto costante negli anni, con lettere e scambio di visite. Fioravante, finita la guerra, si recò nel Kent (non se la sentì di andare con lui Elia, che aveva appena saputo che il figlio Arnolfo era deceduto in un campo di concentramento), dove fu accolto con onori e attenzione dalla stampa locale. Nel 1956 Albert e Leonard tornarono insieme nella grotta e nel 2000 i figli di Albert – Peter, Pauline, Pamela ed Elisabeth – fecero visita a Cesacastina a Lola e Irma e ai loro figli e nipoti, con cui si sentono costantemente. «Il ricordo più affettuoso che Albert portava con sé era un canto popolare che nonno e zio cantavano sempre e che era diventata la sua canzone: non ne sapeva le parole, ma ne fischiettava il motivetto commuovendosi», confida Milva, che sottolinea: «In un momento di grossa difficoltà, in piena guerra, nonno e zio hanno dimostrato che la fratellanza è un nobile ideale da perseguire anche a costo della propria vita e quella dei propri familiari, mentre gli Allan e i Thearle che la gratitudine è un valore che non ha scadenza e può superare tempo e spazio e tramandarsi attraverso la memoria».
LE DONNE PROTAGONISTE
Un pensiero di Milva, infine, va alle donne di casa che hanno avuto un ruolo importante nella vicenda. «La Resistenza», dice, «è anche delle donne, di chi ha combattuto in prima persona come le staffette partigiane, di chi ha prestato assistenza come le zie, di chi ha atteso anni nel silenzio dal fronte portando avanti intere famiglie, molte delle quali subendo stupri, torture o addirittura perdendo la propria vita. Va onorato chi ha scelto di combattere il nazifascismo per generosità, con una ritrovata consapevolezza di sé e del proprio valore e con il desiderio di ritrovare la libertà».
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