CORONAVIRUS / LA TESTIMONIANZA

«Per venti giorni nessuno ha visitato i miei genitori» 

Denuncia dell’avvocato Giordano: la mamma morta e il padre è in ospedale «Abbandonati con la febbre e senza tampone tra rimpalli di responsabilità»

TERAMO. Sono rimasti a casa più di venti giorni a combattere con la paura e la febbre. Senza tamponi nè diagnosi certe. «Nell’abbandono più totale di chi avrebbe dovuto intervenire, fra menefreghismo, negligenze, rimbalzi di competenze e responsabilità»: le parole si muovono tra le ferite che resteranno per sempre nei giorni di un figlio che ora si chiede se sia stato fatto tutto il possibile per i genitori.

L’avvocato Domenico Giordano

Il figlio è Domenico Giordano (detto Mimmo), docente universitario di diritto commerciale nell’ateneo teramano e conosciuto avvocato, costretto a piangere, insieme al fratello e prima del tempo, la morte della mamma uccisa dal Covid mentre il padre combatte contro il virus in un letto dell’ospedale di Atri. Ad accrescere un dolore infinito tanti interrogativi sospesi.
Giordano punta l’indice contro «l’inefficienza di un sistema che uccide le persone lasciate nella mani di una rete di assistenza inesistente sul territorio». Per i suoi familiari (la mamma Vincenza aveva 79 anni)la macchina degli interventi si è mossa in modo confuso e tra ritardi. «Per venti giorni i miei non sono stati mai visitati dal medico di famiglia e senza una diagnosi certa», dice, «quando la situazione era ormai divenuta insostenibile per far arrivare un’ambulanza ho dovuto smuovere le montagne. Purtroppo inutilmente perché mia madre è morta poche ore dopo».
Tra angoscia, senso di impotenza e rabbia. Il calvario è cominciato qualche giorno dopo che il padre ha fatto il vaccino contro la polmonite a Casalena. «È insorta la febbre che andava e veniva», racconta, «mio padre si sentiva spossato, debole. Anche mia madre, che non aveva fatto il vaccino, aveva la febbre e una lieve bronchite. Si sentiva sempre stanca. I miei vivevano da soli, stavano bene pur con gli acciacchi dell’età. Ho chiesto loro se erano stati visitati dal medico di base ma mi hanno detto che lo avevano sentito al telefono e che non poteva venire perché era impegnata. Senza far fare tampone o altro test diagnostico». Così comincia la via crucis dei numeri da chiamare. «Ho cominciato a chiamare prima la guardia medica e poi il 118 per chiedere cosa fare e sono stato rimbalzato fra medico di famiglia e Usca, e questi, a loro volta, si rimbalzavano il compito fra di loro. Tante telefonate ed ognuno diceva che non era compito proprio ma di qualcun altro. Mi hanno rimbalzato da una parte all’altra. Ho chiamato anche i carabinieri ed anche loro mi hanno detto che non era compito loro. Io non immaginavo che i miei avessero il Covid, chiedevo solo come poter fare a farli visitare visto che stavano male e nessuno li aveva mai visti. Volevo solo un medico che li visitasse. Alla fine il 118 mi manda un’ambulanza e i volontari della Croce rossa (che ringrazio) portano via mio padre. Dopo qualche ora mi comunicano che aveva il Covid. Ma mia madre era stata lasciata a casa e continuava a stare male. Nella disperazione più totale ho seguito il consiglio di un amico che mi ha detto di comprare un saturimetro per misurare il livello di ossigenazione. Fino ad allora non sapevo nemmeno cosa fosse un saturimetro, ma l’ho fatto e per questo consiglio non smetterò mai di ringraziare l’amico. Ho provato per la prima volta il saturimetro su mia madre. Aveva 77 di ossigenazione ed ho chiamato il 118 a cui ho inviato la foto fatta con l’apparecchio. Questa volta sono venuti subito e anche mia madre è stata portata in ospedale dove hanno accertato anche per lei il Covid. Mia madre è poi morta il giorno dopo nel reparto di pneumologia».
L’avvocato ora è casa ed spetta da giovedì 5 novembre l’intervento dell’Usca per il tampone «Per giorni sono stato immerso nel Covid senza saperlo», dice, «rischiando anche di diventare un pericolo visto che ho preso parte anche un processo (è parte civile in quello dell’acqua sul Gran Sasso (ndr) e sono stato a stretto contatto con avvocati, procuratori della repubblica e altri magistrati. Una negligenza, quella di un sistema che in realtà dovrebbe fare da protezione, che fa solo aumentare il numero dei contagiati. Io capisco tutto, capisco l’emergenza, ma proprio perché siamo in emergenza tutti dobbiamo fare la nostra parte. Noi cittadini, i medici di base, l’assistenza sul territorio. In uno stato di emergenza nessuno deve pensare al si salvi chi può ma ognuno di noi è chiamato a svolgere il proprio compito».
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