Poste, i giudici danno torto al direttore

Il Riesame respinge il ricorso di Di Tanno indagato per peculato di 463mila euro

TERAMO. Maxi ammanco alle Poste e direttore indagato per peculato: il tribunale del Riesame conferma il sequestro della procura e respinge il ricorso presentato dal dipendente. Computer e documenti, dunque, restano sigillati nell'ambito dell'inchiesta aperta dal pm Davide Rosati su un ammanco di 463mila e 400 euro dal bancopost di Teramo 2.

I fatti contestati a Cosimo Di Tanno, 57 anni, il direttore indagato e attualmente trasferito in altro ufficio, vanno in un periodo compreso tra giugno del 2009 e ottobre del 2011 e sono avvenuti nell'ufficio postale di via Noè Lucidi. L'indagato, che ha respinto ogni accusa, ha sempre sostenuto che si sia trattato di un'anomalia verifatasi nel funzionamento del bancopost. Ma, a questo proposito, i giudici del tribunale Riesame nel provvedimento scrivono: «Al considerevole importo si è addivenuti con il passare del tempo senza che si siffatte anomalie, delle quali l'indagato ha dichiarato, in sede di verifica a sorpresa, di essere a conoscenza, fossero mai state dallo stesso segnalate nonostante la posizione di custodia rivestita nella giacenza del Cash dispencer e l'obbligo sul medesimo incombente di verificare costantemente le operazioni».

La denuncia delle Poste è scattata qualche mese fa, dopo un' attenta ispezione interna delegata proprio ad una società delle poste. L'appropriazione di denaro dal bancomat postale sarebbe avvenuta nell'arco di anni, ma con una cadenza regolare. Il modus operandi potrebbe essere stato quello di aver caricato, per esempio, 5mila euro inserendo la cifra sul computer ma distraendo, all'atto del posizionamento dei soldi nelle cassette, una somma sempre uguale. Sul computer dell'ufficio appare la somma caricata ma nel medio periodo si crea una differenza tale da non poter più caricare denaro, perché è stato superato il limite di giacenza nello sportello automatico anche se, in realtà, il contante non è presente nel bancoposta.

A far venire a galla la vicenda è stato proprio questo: la giacenza media dell'ufficio, calcolata dalla somma delle banconote che risulta sul computer, è cresciuta a dismisura. In altre parole, le Poste di via Lucidi avevano sulla carta somme sufficienti per pagare le pensioni di agosto, settembre e ottobre, senza dover ricorrere alle sovvenzioni che si richiedono nei primi giorni del mese. Ma da via Noè Lucidi le richieste, nonostante la maxi giacenza esistente sulla carta, sono state fatte lo stesso alla filiale di Teramo. E la filiale ha inviato il denaro dopo la giustificazione del direttore di un presunto malfunzionamento del bancopost. Che però è tornato a funzionare regolarmente dopo l'avvio della verifica. L'inchiesta del sostituto procuratore Davide Rosati è in corso e non si escludono nuovi provvedimenti. Anche a breve termine. L'obiettivo del magistrato è ricostruire nei minimi particolari tutta la vicenda, a cominciare soprattutto dai meccanismi usati per appropriarsi delle somme. Ma il pm vuole capire anche se il dipendente abbia avuto coperture. (d.p.)

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