Ricatti sessuali nella chat gay, primi testi 

In aula tre nigeriani accusati di sequestro. Un imputato: «Nel carcere dove sono non c’è la scuola» 

TERAMO. Le accuse, tutte contestate in concorso, vanno dal sequestro di persona a scopo estorsivo alla rapina e lesioni: nuova udienza ieri davanti alla Corte d’assise del processo a carico dei tre cittadini senegalesi arrestati l’anno scorso. In aula sono stati sentiti i primi testi della Pubblica accusa. I tre avrebbero approcciato le vittime utilizzando un’app per incontri omosessuali con falsi nickname, poi le avrebbero minacciati per costringere il malcapitato del momento a pagare somme variabili tra 100 e 400 euro. E qualora quest’ultimo non li avesse avuti sarebbe stato costretto sotto minaccia a fare il prelievo al bancomat più vicino. Cinque le parti offese che non si sono costituite parte civile nel processo che si è aperto davanti alla Corte d’assise presieduta dal giudice Francesco Ferretti (a latere Marco D’Antoni).
I tre imputati sono assistiti dagli avvocati Tulliola e Luigi Immanuel Aloè. In aula uno degli imputati nel carcere ascolano di Marino del Tronto ha rilasciato dichiarazioni spontanee dicendo che nell’istituto in cui è detenuto non è possibile frequentare la scuola. Le indagini inizialmente sono state portate avanti dalla Procura teramana, ma dopo i primi arresti sono passate alla Procura distrettuale, dopo che in sede di convalida dei primi provvedimenti il gip di Teramo aveva dichiarato l’incompetenza per il tipo di reato (in Corte d’assise presente il pm della distrettuale Simonetta Ciccarelli). Da qui, il passaggio per competenza alla Procura distrettuale con il gip dell’Aquila che ha firmato le ordinanze di custodia per i tre due dei quali trovati nel Teramano e uno a Milano.
Secondo la versione fornita all’epoca degli arresti i tre utilizzando l’app “Grindr” con falsi nickname riuscivano ad attirare le vittime con lusinghe e false promesse e le invitavano a rapporti sessuali non a pagamento. Quando la vittima arrivava nel luogo dell’appuntamento, un casolare alla periferia di Teramo, ad attenderlo trovava più persone che, secondo l’accusa, con un atteggiamento aggressivo minacciava la vittima a cui veniva impedito di andare via. La persona, sempre per l’accusa, veniva bloccata e costretta a consegnare somme di denaro. (d.p.)