Rosmarino e salvia per conservare i cibi Studio dell’ateneo

Bioscienze collabora con colossi dell’industria alimentare come Montana o Amadori e ora presenta i risultati all’Expo

TERAMO. In natura sono una sorta di “farmacia vegetale” a disposizione delle piante. Le proteggono da parassiti e microorganismi dannosi, le aiutano a crescer sane, a conservarsi meglio. E come sempre quando natura insegna all’uomo non resta che apprendere. Tutte o quasi le qualità di questi “antibiotici” naturali – parliamo degli oli essenziali estratti da matrice vegetale – sono note da millenni e da millenni vengono sfruttate per scopi curativi e per le proprietà aromatiche. Oppure per conservare alimenti laddove le condizioni ambientali non lo consentono proprio: ed è in questo ambito che spazia un progetto di ricerca in corso alla facoltà di Bioscienze a Teramo. Il segreto in soldoni sta nella forza antimicrobica e antiossidante di queste sostanze che le rende perfetti conservanti naturali. Gioco forza il loro utilizzo nell’industria alimentare che, una volta scoperti i bioconservanti, sta imparando ad eliminare quelli chimici per arrivare ad aver prodotti con l’etichetta finalmente “pulita”.

«Il settore è nuovo ma l’interesse cresce», spiega Antonello Paparella, docente di Microbiologie alimentari della facoltà di Bioscienze di Teramo e alla guida del gruppo di ricerca (una decina tra ricercatori e assegnisti) che da 15 anni sta lavorando alle applicazioni degli estratti da oli vegetali per conservare gli alimenti. «I vantaggi sono molti», precisa, «non si altera il sapore del prodotto, si usano sostanze naturali ma soprattutto si cancellano dall’etichetta gli altri conservanti chimici e in tempi di consumo consapevole non è poco». La risposta insomma c’è, la conferma arriva dai nomi delle aziende con cui la facoltà ha collaborato. Si va da colossi come la Montana per la carne in scatola al Gruppo Cremonini per gli affettati usati nei prodotti degli autogrill Chef Express. Più vicini a noi c’è l’Amadori per gli hamburger e le crocchette di pollo venduti nei McDonalds. Ancora, la Monti di Corropoli, azienda leader nel mercato del baccalà, e altri produttori locali tra salumifici e aziende casearie.

E tutto sfruttando le proprietà delle piante che molti hanno sul balcone di casa o nell’orto. Gli estratti di oli essenziali provengono da piante aromatiche come il timo, l’origano, ma anche dal mirto o l’aloe. Una volta analizzata composizione chimica e capacità antiossidante, si passa al contatto con i microorganismi patogeni. Quindi la valutazione in vitro, la scelta della dose da usare fino all’applicazione del bioconservante in ambito alimentare. Per l’80% la ricerca è condotta ancora su oli essenziali commerciali, poi combinati in laboratorio, ma la facoltà ha ottenuto dalla Regione un finanziamento da 250mila euro per avere un impianto che produrrà direttamente le sostanze.

Non solo, c’è l’altro finanziamento Prin (i Progetti di rilevante interesse nazionale del Miur) per lavorare su come ottenere conservanti naturali dai polifenoli estratti dalle acque di vegetazione, rifiuti inquinanti se non “riciclate”. «Stiamo facendo prove sulle prugne o la lavanda», aggiunge il docente, «ma il futuro sarà l’utilizzo dei bioconservanti all’interno degli stessi imballaggi».

La ricerca insomma va avanti, intanto i risultati fin qui ottenuti saranno portati all’Expo di Milano dove il gruppo teramano sarà presente insieme agli altri centri della Società italiana per la ricerca sugli oli essenziali. L’esposizione del resto avrà per tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita” e la ricerca sui bioconservanti, in fondo, è un po’ un tassello di questo progetto per un miglior futuro alimentare della Terra.

Fabio Marini

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