Sant’Antonio, salvato l’affresco

L’architetto Machetti: è un’opera di Delitio che raffigura San Cristoforo come quella di Guardiagrele

TERAMO. Non è rimasto granché, ma in origine l'effetto doveva essere grandioso, con l'intera facciata rivestita di affreschi. Lo si può intuire a conclusione dei lavori di restauro di quel che resta delle pitture "a fresco" che ornavano l'esterno della trecentesca chiesa teramana di Sant'Antonio, ai lati del romanico portale. L'intervento conservativo dei lacerti di affreschi, commissionato dalla parrocchia e realizzato col contributo della Fondazione Tercas, è stato realizzato da Ko.Re, ditta di Emilia Ippoliti e Irma Camaioni specializzata in conservazione e restauro opere d'arte, sotto la direzione di Elisa Amorosi, ispettrice della Soprintendenza Bsae (Beni storici artistici etnoantropologici) d'Abruzzo.

Ma qual è il soggetto dell'affresco? E chi l'autore? Precisa l'architetto Daniele Machetti, direttore tecnico di cantiere: «Sul lato destro della facciata rimangono pochi brani superstiti di un gigantesco affresco rappresentante San Cristoforo, che per qualità d'esecuzione sembra richiamare quello ben noto lasciato da Andrea Delitio sulla fiancata destra della chiesa di Santa Maria Maggiore a Guardiagrele. I pochi frammenti ci permettono comunque di individuare l'impostazione della figura, che ricalca perfettamente l'opera di Delitio. Il santo è inserito all'interno di una doppia cornice, e poiché la parte superstite è quella superiore si scorge la grande aureola e, a uno sguardo attento, anche la parte finale del bastone del viandante, attributo di San Cristoforo, e la sagoma della testolina del Bambin Gesù, che sedeva sulla sua spalla, con le pieghe del vestitino». L'interpretazione di Machetti si riannoda al nome originario della chiesa di Sant'Antonio, uno dei maggiori monumenti romanico-gotici di Teramo, eretto nel 1227 e ampliato un secolo dopo (l'interno barocco a una navata è invece frutto di rifacimenti successivi): inizialmente il tempio, con annesso convento, era infatti dedicato a San Francesco, e ciò spiega la presenza di San Cristoforo come soggetto dell'affresco.

«Era piuttosto frequente» -sottolinea l'architetto, «trovare questa rappresentazione negli edifici francescani, perché San Cristoforo è il protettore di viandanti e pellegrini. Un giorno, mentre si trovava sulla riva di un fiume per aiutare i viandanti ad attraversarlo, il futuro santo fu avvicinato da un fanciullo che chiese di essere trasportato sull'altra sponda. L'uomo se lo caricò in spalla. Giunti sull'altra riva, il bambino gli si rivelò come Cristo». Cristoforo (in greco “portatore di Cristo”), martire in Licia nel 250, fu uno dei 14 santi ausiliatori, invocato contro peste e morte improvvisa. La sua protezione per pellegrini e viaggiatori è stata invocata in varie forme per secoli, fino alle versioni moderne del secolo scorso, quando sul cruscotto delle utilitarie si attaccava la calamita con l'immagine a rilievo del santo col Bambino in spalla. Anna Fusaro

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