Silvino, una vita spesa per lo sport tra Olimpiadi e record mondiali 

Ha vinto la medaglia di bronzo di sollevamento pesi nei Giochi del 1972 a Monaco di Baviera «Il nostro non è uno sport come il calcio dove girano tanti soldi, qui ci sono solo fatica e sacrifici» 

TERAMO. L’esercizio della memoria non è retorica ma un dovere in un Paese che spesso dimentica. E in un mondo che tutto centrifuga e troppo anestetizza un volto può trasformare cifre e bilanci in vita vera, l’unico antidoto all’assuefazione. Come quello di Anselmo Silvino, classe 1945, ex sollevatore di pesi, leggenda della pesistica italiana con la sua medaglia di bronzo ai giochi olimpici del 1972 di Monaco di Baviera, quelli passati alla storia per il sequestro e il massacro degli atleti israeliani, e con le tante collezionate in svariati campionati mondiali. Medaglie a parte, Silvino è uno dei simboli sportivi di Teramo: dalla palestra dell’Utap degli anni sessanta fino all’attuale Pesistica Athlas dove ogni anno passano decine di giovani leve di uno sport per in cui, dice, «non girano i soldi del calcio ma che è solo fatica e sacrificio».
Si sente una figura dimenticata dello sport?
«Assolutamente no. In città la gente ricorda sempre il mio passato, le medaglie, le olimpiadi. Nella mia palestra transitano decine di sportivi e tutti, a cominciare dai più giovani che negli anni settanta non erano ancora nati, mi chiedono di raccontare l’esperienza delle olimpiadi. E anche negli ambienti della federazione nazionale il nome di Silvino è sempre stato tenuto in considerazione. Le imprese sportive non si dimenticano mai perché restano nel cuore delle tante persone che almeno una volta nella vita hanno tifato per te».
Come è cambiata negli anni la pesistica ?
«Diciamo che questo sport negli anni è cambiato in meglio. All’epoca ci consideravano degli scaricatori di porto e invece noi eravamo e siamo gli atleti migliori di tutte le specialità perché ci forgiamo con grande rigore, grande fatica, grandi sacrifici. Nessuno ci ha mai ragalato niente. La preparazione è cambiata molto dal ’72 ad oggi. Negli anni abbiamo tolto un esercizio: la distensione lenta. Quindi adesso è tutto basato sulla velocità con i soli esercizi di strappo e slancio».
Parliamo di sport a Teramo, di impianti sportivi pubblici, di fondi sempre più carenti e di attenzione delle istituzioni. Cosa è successo negli ultimi anni?
«Diciamo che da questo punto di vista negli ultimi anni tutto è cambiato in peggio. Io capisco che di questi tempi i fondi siano ridotti al lumicino, ma lo sport non può essere messo da parte perché è fondamentale per una comunità a partire dal messaggio che passa alle giovani generazioni. Una volta gli enti locali, e parlo di Comune, Provincia e Regione, riconoscevano le attività locali. Oggi invece se ne fregano. Noi, come tante altre società sportive sul territorio, per un lungo periodo abbiamo svolto le attività in una palestra comunale. Due anni fa abbiamo dovuto lasciare quegli spazi perché l’ente pubblico non ha trovato i fondi da destinare alla messa a norma dell’impianto. Non è possibile che tutto venga lasciato nelle mani dei privati perché in questo modo chi riesce a pagare l’affitto di una struttura va avanti e chi non può si ferma. Ma con lui si fermano decine di giovani, di ragazzi che fanno attività, che crescono con i valori dello sport, che si impegnano per ottenere risultati a livello nazionale e internazionale. Ci vorrebbe più attenzione da parte della classe politica perché qui stanno chiudendo tutti gli impianti pubblici».
Le olimpiadi di Monaco sono state quelle del blitz terroristico con il massacro degli atleti israeliani. Che ricordo ha di quelle drammatiche ore?
«Quando è successo io ero già rientrato in Italia perché in quel periodo mia moglie era incinta e quindi volevo starle il più possibile vicino. In quei giorni avevo conosciuto molti atleti israeliani, a cominciare proprio dai pesisti e ricordo ancora il mio sgomento nel vedere le immagini in televisione. Ma devo dire che era troppo facile entrare nel villaggio olimpico, non c’era un’adeguata sicurezza e questo, evidentemente, ha notevolmente facilitato l’irruzione dei terroristi».
Il ricordo più bello della sua carriera sportiva?
«Sicuramente il campionato mondiale a Lima. È stato veramente bello sia per il posto in cui stavamo, in Perù, e anche la medaglia. È stato bello salire sul podio e conquistare l’argento in mezzo ai russi, bulgari e polacchi. Riuscire a conquistare una medaglia fra queste nazioni, per noi occidentali, era proibitivo. Nessuno ci era riuscito ancora».
Come è nata la passione per la pesistica?
«Io ero un ciclista, ma il passo verso la pesistica è stato breve. Ero un ragazzo quando incontrai gruppo di giovani appassionati di pesi che si allenavano con tutti pesi rimediati. La prima sera che andai rimasi molto deluso dalla mia prestazione e per qualche tempo lasciai perdere. Dentro di me sentivo che qualcosa non mi aveva soddisfatto e quindi di nascosto cominciai ad allenarmi e migliorare. Facemmo, ad un certo punto, un campionato provinciale e lì arrivai secondo su una quindicina di contendenti. Allora scattò qualcosa che non mi ha più lasciato».
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