Teramo, il consiglio comunale dice no alla funivia

La maggioranza boccia la proposta ma chiede che i dieci milioni restino in città

TERAMO. L’ultimo tentativo di mediazione è fallito nel primo pomeriggio di ieri dopo oltre quattro ore di dibattito: il consiglio comunale ha detto no alla funivia. È passata così la linea dura, dettata dalla maggioranza, sul progetto inserito nel Masterplan che prevede il collegamento diretto tra il centro e il campus universitario di Coste Sant’Agostino. Per il sindaco Maurizio Brucchi non si tratta di una «bocciatura definitiva», l’intervento potrà essere recuperato in futuro, ma per ora «non è quello di cui Teramo ha bisogno». Con 14 voti del centrodestra, al netto delle assenze di Katia Provvisiero, Domenico Sbraccia e Alessia De Paulis, ognuna con motivazioni diverse, è stata così approvata la mozione che di fatto cancella la funivia dal Masterplan e sollecita la Regione a destinare ad altro intervento, da realizzare sul territorio comunale, i dieci milioni di euro assegnati all’opera. La maggioranza tra l’altro rivendica un ruolo centrale nella scelta del progetto, preferibilmente un polo scolastico, da finanziare e su questo ha incentrato una parte consistente delle proprie argomentazioni contrarie a quello proposto dalla regione. «L’ente attuatore si è trasformato in dittatore», osserva Giambattista Quintiliani (Futuro in) che allude anche a interessi diversi dal bene della città sottolineando che bisogna pensare «a Teramo e non ad Atene».

A parte la questione di metodo, che secondo il centrodestra ha escluso il consiglio dal processo decisionale, non ha convinto neppure il merito del progetto. Sui banchi di maggioranza e opposizione, infatti, è arrivato un dossier di circa 80 pagine che descrive l’opera inviato meno di 24 ore prima al Comune. «Dalla lettura sommaria che ci è stata permessa in questo poco tempo», spiega Alfonso Dodo Di Sabatino (Teramo soprattutto), «risulta che mancano dati sulla sostenibilità economica dell’opera». Sullo stesso punto batte anche Gianluca Pomante. «Non sappiamo quanto costeranno i biglietti e gli abbonamenti», fa notare, «né le spese di gestione indicate sono parametrate all’uso dell’impianto».

Il testo presentato in aula è quanto meno lacunoso per Vincenzo Falasca (Futuro in). «Non è neppure uno studio di fattibilità», afferma, «non si capisce cosa dovremmo approvare». Maria Cristina Marroni rileva le stesse carenze e invoca altre misure per riallacciare il rapporto tra la città e l’ateneo, così come il grillino Fabio Berardini secondo cui sarebbe necessaria una consultazione popolare. Paola Cardelli, propone di ritirare le quattro mozioni presentate sull’argomento dai vari gruppi, per limitarsi a chiedere alla Regione di lasciare il finanziamento a Teramo in attesa di approfondimenti sull’opera a cui destinarlo. Per il Pd l’intervento va congelato. «Servono ulteriori informazioni e maggiore condivisione», evidenzia Gianguido D’Alberto, «ma non strozziamo il dibattito buttando anche la finalità strategica della proposta».

La richiesta di approfondimento arriva da Angelo Puglia (Al centro per Teramo), che al momento del voto sceglie l’astensione tenendosi a distanza dai due schieramenti. Per la maggioranza le linee di finanziamento del Masterplan fissate dal Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica, sono compatibili con il recupero di un edificio storico, per cui i dieci milioni potrebbero andare alla riqualificazione della Savini o della San Giuseppe. «In questo modo vi pulite la coscienza per non aver mai fatto nulla per le scuole», attacca Antonio Filipponi (Teramo cambia), ma ormai la decisione è presa. Neppure la constatazione che la funivia rientra nel programma elettorale del sindaco scalfisce il risultato. «Il voto della maggioranza è una dichiarazione di guerra», conclude Alberto Melarangelo (Pd), «oltre che un errore politico».

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