Università, la mensa bio che aiuta i poveri

I pasti in più vanno alla Caritas e con gli scarti si fa il concime. Tutto usando cibi locali e facendo lavorare gli studenti

TERAMO. Dal buono pasto al pasto buono. Il titolo del progetto evoca già la rivoluzione sostenibile che l’università di Teramo si appresta a compiere nella somministrazione dei pasti ai suoi studenti, a metà fra ambiente e solidarietà.

Qualcosa di più di un semplice menu a chilometro zero, ma un ciclo chiuso senza sprechi e a costo zero che parte dall’approvvigionamento fino allo smaltimento delle pietanze. Promotore della nuova “mensa bio” è il prorettore e docente della facoltà di Bioscienze e tecnologie alimentari Dino Mastrocola che illustra il nuovo ciclo di somministrazione dei pasti in arrivo all’università di Teramo dove da qualche giorno sono entrate in funzione le cucine e quindi si potrà mettere la parola fine ai cibi precotti. Grazie a un accordo con i produttori aderenti al Gal (gruppo di azione locale) teramano, l’ateneo potrà approvvigionarsi di materie prime di stagione garantendo freschezza, territorialità e costi contenuti nelle proposte dei menu che si richiameranno alla tradizione. Gli universitari non avranno che da scegliere tra una chitarra con le pallottine o le scrippelle ‘mbusse, tanto per fare un esempio, e questo grazie a un accordo con Slow Food che figura tra i partner del progetto, con l’università Federico II di Napoli e una cooperativa che si occupa di rifiuti zero.

E qui entra in gioco l’aspetto più innovativo, sicuramente solidale. Infatti le pietanze che non verranno consumate, assicurando il mantenimento della catena “del caldo” verranno trasportate alle mense sociali della città, tipo la Caritas diocesana. Un bell’aiuto per istituzioni chiamate a fronteggiare sempre maggiori richieste per il prolungarsi della crisi economica.

Non solo. Alla fine del pasto gli studenti saranno tenuti a separare dagli avanzi di cibo la frazione organica dai rifiuti inorganici (piatti, posate, bicchieri e tovaglioli). I residui organici saranno ulteriormente suddivisi in materiale di origine vegetale o animale. Il materiale di origine animale ritenuto idoneo (carne e ossa di origine bovina, suina e ovina e altri residui) sarà selezionato, raccolto e trasportato al canile municipale o sanitario per l’alimentazione degli animali ospitati. Anche in questo caso è un bell’aiuto per i volontari della lega per la difesa del cane che gestiscono il ricovero di contrada Gattia.

I residui di origine vegetale e quelli di origine animale non utilizzabili per l’alimentazione dei cani, saranno collocati in un piccolo impianto di compostaggio, predisposto in un terreno adiacente di proprietà dell’ateneo, seguendo un innovativo sistema ideato all’università di Napoli e che prevede l’utilizzo di larve e lombrichi. Il compost sarà utilizzato come concime organico nella cura degli spazi verdi del campus di Coste Sant’Agostino, e parte di esso sarà trattato per la produzione di mangimi per animali. Mastrocola ha tuttavia puntualizzato che l’idea è di introdurre, in un secondo momento, anche l’uso di posate in materiale biodegradabile che potrà essere “compostato” con i residui organici.

Infine saranno predisposti dei copri-vassoio di carta riportanti la composizione dei piatti del giorno, il loro apporto calorico, il consumo idrico e l’emissione di Co2 che si verificano nella produzione dei principali ingredienti utilizzati.

Ciliegina sulla torta, giusto per rimanere in tema: le operazioni di trasporto alle mense e ai canili, che le operazioni di compostaggio saranno gestite dagli studenti universitari reclutati attraverso i bandi per la concessione di borse lavoro. Il progetto ha suscitato anche l’interesse della Regione che stanzierà un contributo e parteciperà all’iniziativa attraverso la firma di un protocollo d’intesa che avverrà nei prossimi giorni. Il progetto della mensa tradizionale, educativa e sostenibile verrà presentato all’Expò 2015. «Come tutte le nostre iniziative», conclude il rettore, Luciano D’Amico, «questa ha una valenza educativa, sia al rispetto dell’ambiente che a una vita sana. Basilare poi far partecipare gli studenti alla vita di ateneo. Sono queste anche le direttrici su cui ci muoviamo per le borse lavoro, sempre confini educativi al di là del corso di laurea di appartenenza».

Marianna de Troia

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